Pitch e aspettative (Remo Conzadori)

Giugno 26, 2020 10:15 am Pubblicato da Lascia il tuo commento

Qualche giorno fa stavo riguardando una delle puntate di Dungeoncast dove Mario storceva il naso al consiglio qui su idg di imparare a vendere bene i propri prototipi (mi sembra abbia tirato fuori l’argomento varie volte) ed effettivamente il termine “vendere” non è propriamente corretto e non è il più felice, ma al momento l’unica alternativa che mi viene in mente è l’inglese pitch… magari nei commenti proponetene uno più adatto. Questa mattina poi ho letto la recensione di Dark Venture sulla Tana e credo di essere riuscito a focalizzare un punto importante.

Di base, penso di cavarmela bene nei pitch dei miei prototipi, per questo scrivo questo articolo. Poi possono non piacere o non combaciare con quello che cerca l’editore o non essere pronti nel giusto momento storico o semplicemente essere brutti (cit. Paolo)… questo è un altro argomento.

Quando presenti un prototipo (autore verso editore) o un gioco già pubblicato (editore verso giocatore), tu stai stipulando un contratto con un cliente (non il contratto di edizione, questo è a livello personale, di fiducia) e stai creando un’aspettativa. Questa aspettativa non deve essere disillusa altrimenti il cliente si sentirà frustrato.

Ed ecco che entra in scena la recensione di questa mattina. Il recensore si divide tra un voto obiettivo (5) e uno soggettivo (7). Perché questa dicotomia? Perché il gioco ha evidenti difetti ma non promette nulla di diverso da quanto offre, anzi adempie in pieno il contratto con cui era stato venduto. è un po’ come quando chiedi a un non giocatore di dare un voto a Risiko e quello gli da “10 perché, certo è un po’ lunghetto eh, ma è il gioco più divertente del mondo”. Le sue aspettative, basate su una competenza limitata, non sono disilluse, il contratto è pienamente soddisfatto… Risiko fa da 63 anni il suo sporco lavoro.

Quindi, tornando a noi autori o aspiranti, quando cerchiamo di vendere il nostro prototipo non dobbiamo esaltarlo, imbellettarlo e nascondere i problemi:

  • noi non siamo piazzisti che cercano di vendere un gadget di scarso valore,
  • l’editore non è un cliente sprovveduto che non rivedremo mai più.

Dobbiamo, professionalmente, sottolineare le caratteristiche che possono interessare l’editore. Dobbiamo creare un’aspettativa buona, centrata su quello che andiamo a offrire, obiettiva, ma soprattutto che non sarà disillusa.

A questo aggiungo una riflessione di Matteo sul fatto che l’atteggiamento di alcuni autori quando parlano con un editore è sfacciatamente di pressing e vendita anche se il gioco non fitta minimamente le esigenze di catalogo dell’editore. Questo fa si che si instauri un rapporto disfunzionale tra autore ed editore. Professionalmente un autore dovrebbe individuare se un gioco è adatto e lavorare nell’ottica di piazzare un buon gioco che faccia bene ad una specifica linea editoriale.

Disfunzionale = no buono!

Che fare con i difetti? Li neghiamo o giustifichiamo fino alla morte? Li nascondiamo sotto un bello strato di grafica accattivante? Speriamo che non emergano durante i test dell’editore? No, anzi, se ne abbiamo riscontrati (suggerisce Walter) possiamo parlarne apertamente, un bravo editore li noterà comunque e sarete sorpresi della possibilità di essere a volte smentiti o rassicurati sulla loro superabilità. Nel mentre questo tipo di osservazioni e onestà avrà generato fiducia nei vostri confronti.

Costruire un rapporto di fiducia, sano, con l’editore è il primo passo verso la pubblicazione.

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Questo articolo è stato scritto da Khoril

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