Giochi vivi e sani – capitolo 2 (Flaminia Brasini)

Luglio 23, 2020 8:05 am Pubblicato da Lascia il tuo commento

Guida metaforica per operazioni chirurgiche ai prototipi

La volta scorsa (link) avevo iniziato a raccontarvi che per me un prototipo è come un organismo vivente, da analizzare e “operare”, se serve.

Ero partita con cuore cervello e scheletro. Occhi vado sugli organi di senso e sugli arti. E poi chissà… 

Una bocca che canta e racconta 

Poi c’è una questione davvero centrale. Ed è se il gioco è capace di convincerci, di sedurci, di irretirci.

In effetti è la prima questione.

D’altra parte è proprio come quando incontriamo qualcuno e dopo la prima chiacchierata abbiamo capito se questo qualcuno ci va di conoscerlo meglio o se proprio non ci ispira nulla. Abbiamo capito se ha cose interessanti da dire, se è divertente, stimolante, coinvolgente.

Insomma, il nostro gioco-organismo potrebbe avere difetti di comunicazione. 

Magari avrebbe pure delle buone storie da raccontare, ma quando le racconta aggiunge sempre troppi particolari e diventa noioso. Oppure parla sempre con la stessa voce, senza modulare, senza alti e bassi. E così non riesce proprio a trasmettere nessuna emozione.

Dobbiamo quindi provare ad ascoltarlo e vedere se rimaniamo avvinti dall’inizio alla fine; valutare se i momenti di gioco variano, si sviluppano, offrono emozioni differenti. Se così non fosse dobbiamo chiederci innanzitutto se racconta davvero una storia interessante. E poi possiamo provare ad indentificare (o inventare di sana pianta) quali dovrebbero essere “gli acuti” del suo canto, i colpi di scena del suo racconto. 

Occhi che vedono dove andare

Un altro tipo ricorrente sono i giochi miopi.

Giochi che proprio non hanno la capacità di mettere a fuoco: non sanno dove ti vogliono portare e tu non riesci minimante ad orientarti. Inizi a giocare un po’ a casaccio, sperando che via via qualcosa illumini la strada; ma di solito non accade (perché se la direzione non è chiara fin dall’inizio spesso vuol dire che non è stata tracciata).

Ed è estremamente frustrante giocare senza sapere dove si va. Frustrante e poco interessante.

A livello atomico, il problema della miopia può tornare sulle singole scelte che il gioco propone ai giocatori. 

Capisco sempre a che mi serve scegliere A o B? E dove mi porterà?

Esistono diversi occhiali che si possono fornire ai giochi miopi (obiettivi, sistemi di punteggio forti, che illuminino almeno l’arrivo), ma è preferibile una bella operazione che consenta di vederci sempre!

Orecchie che ascoltano le voci

Visto che stiamo parlando fra noi (e noi siamo gente che di giochi ne ha giocati almeno qualche centinaio ☺) diciamo che non dovrebbe accadere chi il gioco che stiamo testando è proprio uguale a giochi già esistenti (o almeno ai più noti fra questi); ma ormai non è più proprio così, vista la quantità di giochi editi ogni anno.

È davvero fondamentale che il nostro gioco sappia tenere le orecchie ben aperte e confrontarsi con i suoi simili. Tra l’altro in questa fase l’originalità è una dote primaria, richiestissima (forse pure sopravvalutata!).

Con le orecchie ben aperte, potremo scoprire che il nostro gioco non è uguale ad altri, ma magari ha qualche somiglianza proprio negli elementi che per noi sono quelli più interessanti/caratterizzanti.

Tenere le orecchie aperte significa che non bastano i giochi che conosciamo noi: dobbiamo ascoltare più persone possibili, perché magari il gioco “gemello” noi non lo conosciamo, ma qualche altro giocatore/autore si.

Mani per mangiare e vestirsi

È arrivato il momento di dire qualcosa anche sulle potenzialità, oltre che sui problemi.

Ammesso che il nostro gioco sia in salute, potrebbe addirittura mostrare caratteristiche che ci inducano a credere che sarà capace di crescere e “durare”.

Sono le sue mani, che possono essere abili a costruire. La prima cosa che deve saper fare è rinnovarsi, di partita in partita. Se giocando mi rendo conto che la prossima partita non aggiungerà nulla di nuovo alla partita appena fatta, il gioco non ha futuro (come se non fosse capace nemmeno di nutrirsi).

Ma il nostro gioco potrebbe saper fare di meglio: potrebbe mostrare una predisposizione a crescere, ad accogliere in sé nuovi elementi (espandendosi). A volte giocando a un prototipo ci viene subito da pensare al suo futuro e alle strade che potrà prendere: quando questo accade è davvero un ottimo segno.

Altra cosa che io considero minore (ma altri no!) è se il nostro gioco sa vestirsi bene. È indispensabile, infatti, che sappia almeno usare vestiti adeguati (caldi, coprenti, senza buchi, senza fronzoli inutili) che lo rendano presentabile e non confondano chi ha a che fare con lui (ultimamente ho incontrato giochi agghindati come un albero di Natale, che non si riusciva nemmeno a toccarli). Ma nei casi migliori un gioco può addirittura aggiungere alla funzionalità e all’eleganza del suo abbigliamento, anche qualcosa che attiri l’attenzione in maniera efficace e non appiccicaticcia (può essere qualunque cosa, da un componente fisico a una meccanica, a un dettaglio originale nell’ambientazione).

Mi fermo qui, ma ho la sensazione che ragionando su altre parti del corpo potrebbero venire in mente diverse cose utili. Magari lo farò al prossimo test.

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Questo articolo è stato scritto da Khoril

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