AUTOPRODUZIONE – un approccio possibile 4/5 (A. Marchi)

Gennaio 5, 2021 12:00 pm Pubblicato da Lascia il tuo commento

Eccoci qua, dopo aver toccato tanti temi “preliminari” a questa pazza avventura che è l’Autoproduzione, chiudiamo con la nozione CHIAVE (l’abbiamo già definita così, in maiuscolo) del successo di ogni Autoproduzione.

Rileggete tutto d’un fiato quello che si è scritto finora, ed enjoy questo (lungo) finale.

(Prima parte) (Seconda parte) (Terza parte)

LA DISTRIBUZIONE

Ripetiamolo insieme.

Distribuzione.

Di.stri.bu.zio.ne

Deve diventare un mantra, da cominciare a ripetere NON APPENA si mette mano al piano di rientro.

Come le vendo tutte le copie che tengo in garage?

L’unica strada affinché un prodotto abbia successo… è diffonderlo il più possibile.

Avete presente quella storiellina che un albero cade nel bosco ma nessuno lo vede, e ci si chiede se l’albero sia caduto davvero? Ecco, è un po’ la stessa cosa. L’albero è caduto, direi di si, ma nessuno se ne è accorto, quindi (aggiungo io) che è caduto a fare?

Come fare allora a “portare al mondo” la propria autoproduzione?

– il passaparola: si, ok, è la cosa migliore. Ma esiste un “numero minimo” sotto al quale il passaparola non parte. E’ lo stesso principio del video virale, del meme che tutti conoscono e rilanciano. Se lo pubblico io perfetto sconosciuto, potrò avere anche molto successo fra i miei amici, qualche condivisione ma… la valanga non parte se non c’è ABBASTANZA neve.

Se lo stesso contenuto lo posta Fedez (per dire), allora può succedere che diventi virale. Perché:

1- ha già moooooooolti follower e

2- sono tutti follower che pendono dalle sue labbra, che non vedono l’ora di condividerlo, che approvano quello che fa prima di porsi il dubbio se a loro piaccia veramente o meno.

Nel mondo dei giochi (in qualsiasi campo) funziona allo stesso modo: se tutti parlano di Blood Rage, allora tutti parlano di Blood Rage, ben prima che esca, e… “qualcosa succederà”. Intanto nello scaffale prende la polvere Pino Pallino, che ha un nome pure brutto, e nessuno ne ha sentito parlare. Se poi magari Blood Rage è pure bello, allora Pino Pallino non sapremo mai com’era (non chiedetelo a me, io ho comprato Blood Rage).

Il passaparola non parte dal niente. Non illudiamoci!

Facciamo che… sarà una gradita cosa in più, se mai avremo la fortuna di goderne.

– l’autodistribuzione: fiere, mercatini. Altro.

Vedo che molti fanno così. Non è la mia esperienza, quindi non so che dire, o che numeri concreti girino. Per le poche volte che ci abbiamo provato (pochissimo, e avendo sempre il banchetto gratis) abbiamo notato che la gente compra molto poco. Scriverei Io Sono Pino Pallino, ma non fa figo quanto Io Sono Iron Man, anche se tengo il pizzetto come lui.

Quindi, dal punto di vista delle vendite e dei ricavi, non so dire molto dell’efficacia di questo metodo. Però di sicuro aumentano le possibilità del passaparola, perché “ti fai vedere”, e un po’ alla volta… magari parte quella valanga, un giorno.

Quindi… se vai alle fiere… allestisci bene il tuo banchetto! Stampa una tovaglia personalizzata! Tira su un rollup! Offri patatine e coca cola ai passanti! (vino e ciambella, in Romagna). Ehm… sono altri costi, non scordarti di metterli nel piano di rientro.

– il conto vendita: ovvero, lasciarli ad un negoziante che li vende per te. Di sicuro, avere il gioco in uno scaffale aumenta di molto le possibilità di vendita, anche se diminuisce il ricavo. Meglio avere una possibilità in più che nessuna! Abbiamo BISOGNO di occasioni di vendita, ce ne fossero! Solo che difficilmente ci sono 50 negozi nel raggio di un’ora di autostrada (bisogna pensare in grande, 50 negozi non garantiscono 50 pezzi, più probabile che alla fine il venduto sia di 20). Ma meglio di zero.

Ah, segnate le spese di benzina (ed il tempo dedicato) nel piano di rientro, eh.

E fate firmare a tutti qualcosa quando li lasciate, è un attimo dimenticarsi quanti giochi sono stati dati a chi, se fate tutto a mente. Anzi, è sicuro che li perdete.

– contattare un “vero distributore”. Quelli che lo fanno di mestiere.

Ah, beh, ecco, sarebbe una meeeeraviglia. Difficile, nella misura in cui i Distributori sono anche Editori (perché mai dovrei distribuire una cosa non mia? A meno che non sia un titolo “grosso”, che mi dà certezza delle vendite). Da mettere in conto, inoltre, una forte riduzione dei ricavi.

Diciamoci la verità, e facciamola breve, le autoproduzioni non vengono distribuite nei negozi.

E se qualche negozio vi fa la cortesia di mettervi nel loro catalogo online… io non mi farei troppe illusioni. Se non acquistano copie fisiche, è perché non hanno interesse a venderle. E li capisco! Meglio vendere una copia in più di un gioco di siccesso sicuro che mettersi in casa il rischio di scontentare un cliente.

Quindi succede che vi mettono nel loro catalogo online (perché mai rinunciaare alla possibilità di vendere un pezzo, “se sono gli altri a cercarlo”) ma se non spingono il gioco in prima persona, se non lo nominano mai ai clienti, nessuno se ne accorgerà. L’albero cade, ma che cade a fare in un bosco siberiano lontano dalla civiltà?

– quindi rimande un problema: Ho 500 (ma pure 1.000, ma pure 1.500) scatoline del mio giochino, come faccio a distribuirle?

Torniamo a “chi sono io”, la prima domanda del primo articolo.

Chi sono io? Posso inventarmi una strada che si adatti a me, che sia per me facile da percorrere? E soprattutto efficace?

Io posso solo raccontarvi la nostra. Che non è stata improvvisata, ma pensata e ragionata, “numeri alla mano”, nella fase dello studio del piano di rientro. Abbiamo intravisto una POSSIBILITA’ che ai tempi era solo teorica, magari eravamo in errore e allora… saremmo stati disposti a perderci una certa cifra, vedi che tutto torna?), fortunatamente si rivelò anche concreta.

Quanti spettacoli facciamo all’anno? In che contesti? Quanta gente riusciamo a raggiungere? E’ sempre diversa o sono gli stessi che tornano? E’ possibile uno spazio ed un tempo a fine spettacolo per proporre un gadget? Che il pubblico abbia voglia di acquistare sulla spinta emozionale dello spettacolo appena visto? Una sorta di applauso in più…

E poi: questo tipo di clientela quanto sarà disposta a spendere? Ad esempio, dare il resto diventa una complicazione, bisogna che il costo sia l’equivalente di 1 sola banconota (da 5 euro? Da 10? da 20?) a cui corrisponda 1 sola azione, sia mentale che fisica.

Numeri, sono solo numeri. 100 spettacoli, 50 spettacoli, 1 replica oppure 3 al giorno, 200 persone oppure 2000, si riduce tutto solo ai numeri: alcuni quantificabili, alcuni azzardati (stimo che 1 persona ogni 20 oppure ogni 50 comprerà il gadget?). Però è andata bene la prima volta (il primo fumetto) e allora ci siamo creati una base teorica più concreta per i fumetti successivi, aggiustando ovviamente il tiro, per passare ai giochi poi.

Abbiamo visto 1 esempio, dall’idea alla produzione alla vendita, che più o meno (più “più”, che meno) ha funzionato.

Ha funzionato perché erano chiare le risposte alle domande preliminari poste nel primo articolo: chi sono io? Perché lo faccio? Eventualmente, quanto sono disposto a perdere senza starci male?

Ma se ha funzionato per uno, può funzionare anche per altri!! Serve un po’ di coraggio, di fantasia e spirito imprenditoriale. E fortuna, quella sempre.

Allora, vediamo, se non facessi spettacolo ma facessi altro…

Sono un barista? Mi invento un gioco di piazzamento croissant, e lo metto  in vendita a fianco alla cassa. Se va male lo regalo a chi completa la tessera da 10 colazioni. Se ho la stessa clientela fissa, non mi aspetterò grossi numeri, se sono in una zona di passaggio, magari il mio bar ha anche i giornali, più facile che intercetto un viaggiatore che debba passarsi il tempo. Se ho il bar alla stazione dei treni propongo un gioco in solitario o da 2 al massimo, sulle bellezze architettoniche italiane.

Ho una fattoria didattica? Sviluppo una variante di Memory con i prodotti del mio orto e gli animali del mio cortile, e le regalo in omaggio (cioè, le metto nei costi totali) alle scolaresche che prenotato le visite guidate.

Sono un insegnante? Caspita, la didattica quante strade può aprire ai giochi… e magari tutti gli insegnanti d’Italia cominciano ad applicare il mio sistema e comprano il mio gioco.

E se non sono nessuno di questi? se proprio non ti viene in mente come collegare il mio lavoro ad un’autoproduzione… magari posso proporre il mio gioco un barista interessato, ad una fattoria didattica, ad un insegnante!

(l’unica categoria per cui questo ragionamento non funziona sono gli avvocati. Ma è una storia lunga, che può capire solo un mio amico avvocato)

Il limite è la fantasia, e lo spirito di iniziativa. Doveva finire qui. Ma ci vediamo una volta in più, nel quinto ed ultimo articolo, per alcune considerazioni finali.

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Questo articolo è stato scritto da Khoril

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