IL GIOCO INEDITO DEL DIFETTO NOTO

Marzo 31, 2021 8:41 am Pubblicato da Lascia il tuo commento

Silvano Sorrentino, Domenico Di Giorgio e Luigi Ferrini


Come saprete, ogni anno Lucca Comics & Games e dV Giochi collaborano all’organizzazione del concorso Gioco Inedito, dedicato a giochi di carte ispirati a uno specifico tema (www.giocoinedito.it).

Insieme ad altri giurati del concorso, nel corso degli anni abbiamo valutato centinaia di prototipi alla ricerca dei finalisti. Abbiamo notato diversi errori che si sono ripresentati ciclicamente da parte di autori diversi, e man mano che vedevamo un pattern che si ripeteva abbiamo iniziato a catalogarli e dargli un nome per semplificare le discussioni (“Sì, funziona bene in due, ma in tre soffre di clausolismo”).

In informatica esiste il concetto di anti-pattern, ovvero soluzioni di design che (copia-e-incolla spudorato da Wikipedia) “inizialmente appaiono essere di beneficio, ma successivamente producono più problemi che benefici” e per le quali si può provare “l’esistenza di una soluzione alternativa che è chiaramente documentata, collaudata nella pratica e ripetibile”.

Il caso dell’immagine col titolo di questo articolo è emblematico: usare il Comic Sans come font non è sempre un difetto. Ma spesso lo è, se non si è usato con cognizione di causa.

Ecco dunque una serie di anti-pattern da evitare nei vostri giochi. Usando questa lista come check-list potete rendervi conto se il vostro gioco ha un potenziale problema, e seguire i suggerimenti per provare a risolverlo.

CLAUSOLISMO

Presenza di numerose clausole e cavilli che rendono poco scorrevole e quasi incomprensibile il regolamento.

COMMENTO  

In genere, capita quando il gioco è stato pensato per un determinato numero di giocatori, e per ampliare la possibile platea l’autore inizia a inserire aggiustamenti, o quando il playtest porta a galla singoli casi problematici, che vengono risolti uno a uno aggiungendo eccezioni.

ESEMPIO (inventato)

“Ogni giocatore nel suo turno ha 3 azioni (4 se giocate in 3, 5 se giocate in 4). Potete giocare un’ulteriore azione pagando 3 monete (o 4 se siete il primo di mano e ci sono più di due giocatori). Se avete in tavola una carta Lavoratore Instancabile questo limite è leggermente modificato (vedi par. 4.3.12).”

SOLUZIONI POSSIBILI

  • Aggiustare in altro modo eventuali sbilanciamenti (perché il primo di mano paga di più? Se ha un vantaggio eccessivo forse il problema è un altro).
  • Per i punti dove sembra che ci possa essere variabilità tra numeri di giocatori/situazioni di gioco che si testano, identificare un valore medio che funzioni “abbastanza bene” in tutti i casi (4 azioni a testa, sempre?), piuttosto che N valori “ottimali”. “Il meglio è nemico del bene”, si dice.
  • Se dopo tutte le prove necessarie siete ancora convinti che le clausole siano necessarie per il bilanciamento, spiegare prima il regolamento “standard” (tipo “regole per due giocatori”) e poi inserire alla fine delle sezioni con le clausole (“regole per tre giocatori: il gioco è identico ma avete quattro azioni a testa per turno, e il primo di mano pagherà una moneta in più per le azioni bonus”). Ma in generale, se si verifica spesso una situazione di questo tipo e non state scrivendo un wargame della Avalon Hill degli anni ’70, probabilmente è il caso che rivediate qualcuno degli ingranaggi principali del regolamento, per capire da dov’è che viene lo sbilanciamento che vi sta costringendo a continuare a inserire zeppe sotto le zampe (metaforiche) del vostro tavolo.

CARTASPECIALÍTE

Il gioco ha una meccanica semplice, ma è stato pompato aggiungendo carte speciali, pensando di dargli varietà.

COMMENTO

Questo tipo di difetti si riscontra spesso in giochi dal flusso piatto, dove l’autore tenta di movimentare le partite con effetti non correlati alla logica delle regole; ma tra i prototipi ne capitano ogni tanto alcuni dove l’unica meccanica sono le carte azione, che vengono pescate e giocate sotto il governo del caso. Oltre all’ovvio e visibile problema della pura casualità del gioco, va sottolineato che per far funzionare davvero un regolamento pieno di carte azione, dovrebbe essere possibile testare ogni interazione fra loro: un lavoro enorme, che normalmente porta a galla contraddizioni tra regole e carte, con ulteriori pezze da inserire nel regolamento per evitare che la partita finisca in una rissa a causa delle interpretazioni dubbie sulla prevalenza tra carte.

ESEMPIO (inventato)

“…e poi ci sono queste dodici carte azione diverse, i cui effetti riassunti dalle icone sono spiegati meglio nella pratica tabella in ultima pagina”.

SOLUZIONI POSSIBILI

  • Se un gioco è “minimal”, ma non ha pepe senza le carte speciali o altre sovrastrutture, quello che gli manca è probabilmente il twist che renda interessante ogni turno, non qualcosa che nasconda il fatto che chi è di mano non ha abbastanza potere a meno che non usi una carta speciale.
  • Se il gioco sfrutta bene le carte speciali (che spesso non sono un male di per sé, come ogni ingrediente!), assicurarsi che siano tutte altrettanto utili, e tenersi lontani dalle Terribili Tre (“scambia la tua mano con un altro”, “scambiati di posto con un altro” o “rimescola tutto”), che scombinano tattiche e strategie rendendo insulsa la maggior parte dei giochi.

INTERLUDIO: LE TERRIBILI TRE.

Tra le carte azione ricorrenti nei prototipi, le tre menzionate nel precedente paragrafo hanno una particolare rilevanza: la loro frequenza nasce sicuramente dalla presenza in giochi per famiglie molto popolari, come UNO!, dove hanno un senso a causa del contesto chiaramente leggero e concentrato sulla fortuna, che deve permettere ai bambini di poter competere realmente con gli adulti.

Questo però non si verifica altrove: e soprattutto è stato già fatto talmente tante volte, da trasformare queste carte da risorse per movimentare il gioco a meccanismi logori e dirompenti per il regolamento che avete faticosamente costruito.

In un gioco dove ci sia un minimo di strategia, “Scambia la tua mano con un altro giocatore” introduce una casualità che smantella tutto il corso della partita; il giocatore che ha costruito un proprio percorso, d’improvviso si ritrova catapultato altrove, senza possibilità di difesa. “Scambiati di posto con un altro”, d’altronde, forza a uno “sforzo fisico” che non ha senso in giochi che non prevedano già questo tipo di coinvolgimento (come in VUDÙ, o i giochi dinamico-fisici come EIERTANZ), e nel caso di giochi dove la strategia dipende anche da quella dei giocatori che ci precedono e ci seguono nel giro, ha un effetto paragonabile a quello di “Scambia la tua mano”. Infine, “Rimescola tutto” (intesa come “reset” della situazione di gioco corrente), nello scompaginare le strategie degli avversari, annulla ogni ipotesi di strategia di medio termine al tavolo: se c’è il rischio di perdere tutto, ognuno ottimizzerà la sua giocata sulla mano, e questo farà sì che a prevalere sia inevitabilmente chi pesca le carte migliori, nuclearizzando tutta l’infrastruttura di gioco che avevate costruito.

Questo non vuol dire che un gioco con dentro le Terribili Tre debba per forza essere brutto, o che il vostro prototipo non verrà preso sul serio a causa della loro presenza: ma va considerato che si tratta di ingredienti difficili da maneggiare, che vanno utilizzati con attenzione e solo quando il contesto lo consente.

MUOIA SANSONE

Il gioco prevede una mossa che danneggia uno o più avversari ma che al contempo danneggia anche voi – o non vi dà un vantaggio particolare.

COMMENTO

Nella sua forma più pura, questo difetto si incrocia col più noto “kingmaker”: nel gioco sono presenti situazioni dove l’unica maniera per fermare chi vince è il sacrificio di uno degli altri giocatori, che bruciando una sua azione per danneggiare il primo, finisce per favorire gli altri, rimettendoci anche lui.

ESEMPIO (inventato)

“Puoi scartare una carta azione per far scartare due carte a un avversario”.

SOLUZIONI POSSIBILI

  • Se la regola esiste solo perché ci sono casi in cui non c’è mossa migliore rispetto a danneggiare gli avversari, forse nel turno non ci sono abbastanza opzioni significative per chi è di mano; concentrarsi su questo! Questo tipo di “interazione negativa” non è quasi mai una soluzione, a meno che non la si consideri una meccanica cruciale del gioco: ma se può avere senso in un regolamento che sfrutti i dispetti come parte del motore, come nel già citato VUDÙ, in molti altri contesti è del tutto fuori posto.
  • Volendo mantenere una meccanica del genere, assicurarsi di lasciare una certa incertezza sull’esito, altrimenti si perderà tempo a contare nel turno che “così scarto una carta che vale tre punti ma lei scarta una carta che ne vale sei…”. Se il confronto fra costi e benefici è triviale, la mossa non ha alcun pathos.

FRANKENSTEIN

Il gioco mescola meccaniche funzionanti ma che non c’entrano niente l’una con l’altra, ottenendo un risultato che è un ibrido inefficace.

COMMENTO

L’autore mostra di conoscere e apprezzare molti giochi differenti tra loro e cerca di catturarne il feeling mischiandoli insieme, ma così facendo inserisce meccaniche che creano dinamiche contrapposte, come conversazione caciarona in un gioco gestionale ad alea zero, o un complicato sistema di punteggio in un gioco “take that”.

ESEMPIO (inventato)

“Alla fine dell’ottavo turno ogni giocatore avrà davanti a sé 16 carte batiscafo che gli consentiranno di convertire in punti vittoria le risorse raccolte nel fondale oceanico. Otterrà il raddoppio dei propri punti il giocatore che riuscirà a trattenere il respiro più a lungo”.

SOLUZIONI POSSIBILI

  • Fare due giochi diversi! Se entrambe le meccaniche sono funzionanti e divertenti se prese singolarmente, dare a ciascuna lo spazio che si merita.
  • Se una parte del gioco rende inutile il tempo speso a giocare l’altra, eliminare una delle due.
  • Esistono alcuni casi di autori che riescono a realizzare una “Chimera”, cioè un animale mitologico con due teste diverse. Giochi del genere sono possibili se si riesce ad amalgamare fasi molto diverse in modo che si completino, cioè ognuna delle diverse “anime” deve interagire con le altre in modo non distruttivo. Esempi del genere sono giochi come GALAXY TRUCKER (in cui una complicata fase di piazzamento serve a ottimizzare le probabilità di sopravvivenza nella fase seguente, che va invece del tutto a caso) o DOJO KUN (dove l’aspetto gestionale “solitario” dell’allenamento serve a preparare la fase di combattimento, dove l’interazione diretta è fortissima).

INDIRIZZO SBAGLIATO

Il gioco meccanicamente funziona, ma è evidente che si tratta di un gioco preesistente che è stato adattato per forza a un tema diverso, cosa che rende difficile comprendere o ricordare alcune regole.

COMMENTO

Uno dei motivi per cui il numero di partecipanti a Gioco Inedito rimane tutto sommato gestibile (40-50 prototipi ogni anno) è che, come nel mondo lavorativo reale, lo sforzo creativo viene subordinato a dei vincoli, che lo rendono più difficile da creare per gli autori, ma più facile da realizzare per l’editore. Capita però che l’autore voglia partecipare senza considerare i vincoli, andando a piegare sul tema e sui limiti di materiali un suo gioco nato in altri territori: e allora, provvede a cambiare le parole chiave del suo gioco sulla guerra di secessione (con “trova-e-sostituisci”, concettualmente) con quelle suggerite nel bando, e a sostituire tabelloni con gruppi di carte messe affiancate sul tavolo, e pedine con carte ritagliate variamente (brrrrrr!!!!). Ma il tema serve a rendere naturali le regole, e un gioco di tabellone richiede il tabellone: e quindi, lo sforzo in generale resta vano.

ESEMPIO (inventato)

“Ognuno gioca una carta Eroe con un valore da 1 a 10, vince la carta Eroe col valore più alto, ma l’1 batte il 10”.

SOLUZIONI POSSIBILI

  • Cambiare una regola, non il tema: nel gioco originale magari le carte erano animali dello zoo e c’era il classico topolino da 1 che fa fuggire l’elefante da 10, qui non ha senso.
  • Evitare comunque tutte le soluzioni che richiedano piegare, tagliare o deformare le carte, anche perché in un mondo in cui i giocatori compulsivi proteggono con apposite bustine le carte prima di iniziare a giocare, l’idea di “distruggere” un gioco appena tolto dal cellophane è spesso inconcepibile.
  • Scrivere… un gioco diverso, se adattare questo è così complesso.
  • Se si ritiene di poter comunque davvero adattare il gioco al bando, lavorarci in maniera accurata, motivando ogni regola all’interno del mondo del gioco con qualcosa di noto e spiegarla rapidamente nel regolamento in modo che resti impressa – ad esempio: “l’1 (Davide) con la sua agilità batte il 10 (Golia)”.

INTERLUDIO: MA ESISTE, UN INDIRIZZO CORRETTO?

Già nel Pleistocene, quando eravamo ancora giovani e dovevamo dedicarci alla selezione dei prototipi guardandoci da cervalci e mammut lanosi, in un articolo di guida agli aspiranti autori avevamo ammonito: le proposte che inviate sono il vostro biglietto da visita, e quindi devono essere curate, perché siete voi, non loro, a fare nel caso una brutta figura, e come ammoniva Roberto Corbelli (ovvero, dV Giochi!) citando a sua volta Oscar Wilde, “non c’è una seconda opportunità per fare una buona prima impressione”.

D’altra parte, un altro saggio del nostro settore, Andrea Angiolino, sosteneva “se non vale la pena per l’anticipo, non vale la pena affatto”: un’asserzione che non riguarda realmente i soldi, ma l’obiettivo per cui stiamo facendo le cose. Se ci interessa davvero che un editore (o la giuria di un concorso, o un possibile datore di lavoro) ci prenda sul serio, è importante mettere cura in quello che facciamo, e adattare la proposta al destinatario: ma se ci interessa poco l’obiettivo, meglio non mandare il CV piuttosto che inviarlo “perché non si sa mai!”, senza metterci troppa cura.

E la cura riguarda il gioco non solo rispetto alle regole e ai test, ma anche agli interessi reali del committente: proporre un wargame tridimensionale con miniature a una casa che pubblica solo giochi di carte è inefficace, nello stesso modo in cui è abbastanza sterile inviare cento curriculum uguali a indirizzi a caso, sorprendendosi poi per i riscontri limitati o nulli.

La giuria del Gioco Inedito esamina ogni prototipo in maniera anonima, per evitare pregiudizi, ma rappresenta un’eccezione rispetto al mondo reale, dove è più probabile che chi invia proposte a caso venga messo in lista nera. Ma anche per Gioco Inedito forzare in un mazzo di carte e poche pedine il wargame tridimensionale giustificando la connessione col tema “Arte contemporanea: la collezione della Farnesina” sarebbe un esercizio talmente fuori dalla linea del concorso che è altamente improbabile che possa sortire un effetto positivo.

EFFETTO TARDIS

Il gioco funziona, ma è stato schiacciato a forza per farlo stare dentro alla scatola di un mazzo di carte, mentre richiederebbe materiali più numerosi e un respiro maggiore.

COMMENTO

Si tratta di un dettaglio che potevamo far rientrare anche dentro “Indirizzo sbagliato”: ma qui il gioco viene effettivamente adattato al formato richiesto, ottenendo però un risultato frustrante, rispetto a quello che sarebbe stato possibile raggiungere lasciando al gioco tutti i materiali necessari, per proporlo in un altro contesto.

ESEMPIO (inventato)

“Prendete le cinque carte personaggio e disponetele sul tavolo scoperte. Prendete le venti carte percorso e unitele a caso per formare un labirinto. Distribuite una carta Vite e una carta Ferite a ogni giocatore, che le sovrappone per indicare 5 vite disponibili. Prendete le 9 carte Mappa e accostatele come indicato, quindi prendete la carta Gruppo e mettetela sulla casella centrale della mappa. Dividete i cinque mazzi di mostri, tesori, trappole, pozioni e leggende e mischiateli coperti. Prendete le 6 carte dado (con valori da 1 a 6) e mischiatele.”

SOLUZIONI POSSIBILI

  • Se il gioco funziona, forse banalmente è nel formato sbagliato. A parte rare eccezioni, è inutile avere delle carte da pescare e unire come se fossero tessere: le tessere sono più comode, sono quadrate, non si spostano. Allo stesso modo, in genere è fastidioso usare una carta come segnalino, o come indicatore… A meno che non sia proprio motivato dal gioco, meglio prendersi tutto lo spazio che serve per creare il prototipo più funzionale possibile, poi nel caso sarà l’editore a chiedere qualche modifica per adattarlo ai suoi formati standard.
  • In generale è meglio usare materiali diversi per “oggetti di gioco” diversi; in un gioco di carte questo in genere non è possibile, ed è tipico avere ad esempio carte Moneta, carte Azione e carte Edifici. Se però le tipologie diventano troppe, è ancora davvero un gioco di sole carte?
  • È importante che le carte siano usate… come carte: se non vanno tenute in mano, non finiscono in un mazzetto di prese e non vanno scambiate con gli altri giocatori… a che serve che siano carte? Una possibilità è usare mazzetti di tipo diverso: carte grandi da tenere in mano, e cartine più piccole per rappresentare soldi o risorse: la forma diversa le rende “oggetti di gioco” diversi.
  • Infine, per alcuni utilizzi le carte sono un materiale poco funzionale: l’idea di dividere una carta in 8 o più caselle e sovrapporla parzialmente alle altre carte in tavola funziona in una simulazione al computer ma nella pratica porta una serie di problemi logistici non indifferenti (carte che si muovono, simboli troppo piccoli, impossibilità di giocare con le carte imbustate, ecc.)

APPRENDISTA STREGONE

Il gioco è un mix di altri giochi o meccaniche famose, amalgamate insieme senza aver capito davvero il motivo per cui erano state inserite nei giochi originali.

COMMENTO

Si tratta di un difetto che capita soprattutto tra le proposte di autori alle prime armi, che hanno appena scoperto i giochi moderni, e mescolano ingredienti a caso, come si fa la prima volta che, da bambini, si tuffano le mani nella farina.

ESEMPIO (inventato)

“Dopo aver draftato fino ad avere sette carte in mano (come in SUSHI GO), i giocatori possono pescare delle carte obiettivo con dei set da completare e scelgono quale tenere (come in TICKET TO RIDE), poi al proprio turno scambiano una carta con una presa a caso o dagli scarti (come nel MAHJONG)”.

SOLUZIONI POSSIBILI

  • Utilizzare meccaniche note come “ingredienti” del proprio gioco è sempre possibile, ma bisogna ragionare sempre bene sul motivo per cui un certo gioco ha esattamente QUELLA meccanica per capire se è compatibile col prototipo, e non infilarla dentro a forza solo perché è “di moda”. Nel caso in esempio, se non so in partenza qual è il mio obiettivo, a che mi è servito fare il draft di SUSHI GO? Tanto valeva iniziare con delle carte a caso. Inoltre TICKET TO RIDE mi fa scegliere altri obiettivi nel corso del gioco, non solo all’inizio, aumentando la mia probabilità di vincere o perdere punti; e il MAHJONG funziona bene perché ha delle mani fisse e puoi valutare facilmente cosa serve a te, e cosa è meglio non dare agli avversari – qui no, perché gli obiettivi degli altri non sono noti!
  • A volte è possibile sostituire una coppia di meccaniche prese di peso da altri giochi con un’unica meccanica più nuova e più adatta – e a volte perfino più snella!
  • Se l’idea di base non funziona, questo non è “un” difetto di design, ma proprio mancanza di design. Meglio ripartire da zero che cercare di “frustare un cavallo morto”, come dicono gli inglesi.

HORROR VACUI

Il gioco in origine è minimale, ma l’autore ha aggiunto sovrastrutture e azioni aggiuntive di troppo.

COMMENTO

L’autore ha inventato un gioco funzionante, ma a lui o al suo gruppo di playtest, magari perché abituati a titoli di ben altra complessità, il gioco è sembrato mancare di qualcosa. L’autore si è sentito perciò in dovere di aggiungere sovrastruttura pensando così di dargli profondità… ma gli aggiustamenti hanno rovinato il gioco.

ESEMPIO (inventato)

“Si gioca una carta a turno, chi gioca la più alta prende tutto, chi gioca la più bassa applica l’effetto speciale.  Sulle carte collezionate ci sono dei simboli: chi ha un tris di simboli uguali può prendere una carta speciale dal centro e può usarla per compiere una di queste cinque azioni…”

SOLUZIONI POSSIBILI

  • Non snobbare l’idea di creare un gioco minimale! Se funziona con mezza paginetta di regole e ha qualcosa di originale, meglio concentrarsi su quello e rifinirlo senza aggiungere altro. Ci sono tanti giochi minimali molto belli, da LOVE LETTER a CHARTAE, da DOBBLE a TIDES OF TIME.
  • Da maestra di eleganza, Coco Chanel suggeriva: “prima di uscire, guardati allo specchio e togli qualcosa”. Questo consiglio vale anche per i giochi: è utile esercizio di design quello di ridurre il gioco alla sua meccanica essenziale, che tanto ad aggiungere sovrastruttura si è sempre in tempo.
  • Molti giochi minimali funzionano meglio con un po’ di asimmetria. Sperimentare qualcosa di inatteso, ad esempio dando a ogni giocatore un set di carte o un obiettivo vagamente diverso dagli avversari.
  • In tutti i giochi, ma in particolare in quelli più piccoli, cambiare il sistema di punteggio può stravolgere completamente il flusso di gioco. Provare a creare varietà agendo sul punteggio. Per esempio, in NO THANKS! si giocano delle specie di aste al contrario non prendere carte che danno tante penalità quanto il numero che riportano. Ma se si collezionano carte in sequenza si pagano penalità solo per quella più bassa – una semplice regola che cambia totalmente le dinamiche al tavolo, perché chi ha il 16 e il 18 in mano non vede l’ora di accaparrarsi il 17!

INTERLUDIO: MA SERVONO, GLI INTERLUDI?

Di guide al design ne esistono molte e approfondite, quindi qui ci limiteremo a richiamare l’opportunità di leggerle e studiarle, se si vuole affrontare professionalmente la carriera di autore di giochi, a dispetto della rimuneratività limitata e aleatoria: i materiali e la durata devono essere proporzionali all’esperienza di gioco, un gioco di carte in generale deve essere semplice e avere un regolamento breve, perché altrimenti i giocatori dedicheranno il tempo necessario a re-impararlo per giocare la seconda partita a un titolo con materiali più ricchi. Dovendo scegliere tra rileggersi le regole di due giochi, mettiamo MEUTERER e PANDEMIC, che secondo BoardGameGeek hanno più o meno la medesima difficoltà, molto probabilmente il giocatore medio sceglierà il secondo per la maggiore soddisfazione dovuta alla “bella presenza” in tavola.

EFFETTO PARBLEU!

Il gioco concede una mossa (in genere, nell’ultimo round) che è impossibile prevenire e che ribalta il risultato, a dispetto di ogni tattica. Anche noto come “il voto di Borghese”.

COMMENTO

Il nome dell’effetto viene da quello che dovrebbe essere il commento dei giocatori, quando si attiva l’effetto: è in francese perché in genere tra i giocatori italiani e anglofoni la reazione degenera nel turpiloquio, mentre immaginiamo che in un contesto più garbato, come quello francofono, la conquista del Boccino d’Oro da 150 punti che termina una partita di Quidditch durata ore, stravolgendo il risultato ottenuto fino a quel momento, potrebbe realmente essere accolta con risatine ed esclamazioni gentili.

ESEMPIO (inventato)

Giocatore: “Ok, come ultima mossa gioco questa carta che ho appena pescato e che mi fa rubare tutte le vostre prese. Ho vinto!”. (Tutti gli altri, in coro: “Parbleu!”)

SOLUZIONI POSSIBILI

  • Per quanto sia necessario mantenere un po’ di incertezza fino alla fine, il costo per distruggere qualcosa costruito dall’avversario dovrebbe essere direttamente proporzionale al costo speso per costruirlo. Ad esempio, se si può aggiungere solo una carta alla mano ad ogni turno, l’effetto di una carta “ruba la mano di un avversario” può aver senso all’inizio, ma a fine partita è assolutamente sproporzionato. Occorre quindi creare una meccanica che permetta di “mettere al sicuro” almeno parte di quello che si è faticosamente costruito.
  • Il vero “Parbleu!” è impossibile da prevenire, quindi per eliminare il difetto si può fare in modo che sia visibile la “costruzione della bomba” da parte di un avversario, per poter reagire di conseguenza.

Per differenziarci, la nostra lista di “10 difetti di design” ha solo nove voci

Notate che alcuni difetti sono relativi solo al formato usato per il Gioco Inedito, che è dedicato a giochi di carte con un livello di complessità medio-basso e un regolamento non più lungo di 10.000 caratteri; ma i concetti generali si applicano anche ad altri formati. Inoltre: anche gli anti-pattern a volte sono al posto giusto, dipende sempre dal caso. Tornando al paragone con l’informatica, se incontrate un anti-pattern dovete solo ragionarci sopra per capire se nel caso specifico è “un bug o una feature”.

Ma di solito è un bug.

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Questo articolo è stato scritto da Khoril

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