OverbooKing design diary (F. Landini)
Novembre 15, 2021 10:04 am Lascia il tuo commentoCiao a tutti, sono qui a scrivere queste righe perché tra i vari complimenti che ho ricevuto su facebook, ce né stato uno, all’apparenza innocuo, che mi ha incastrato.
Mi riferisco al post di Walter Obert, cito: “quando finirai di brindare ti va di raccontarci la storia del tuo gioco?” Io chiaramente, preso dall’euforia del momento, ho risposto di si senza pensarci due volte.
Ed ora eccomi qua, in effetti ho finito di brindare e lo bufera di emozioni che questa vittoria inaspettata ha prodotto si è finalmente calmata.
Proverò a rispondere all’invito di Walter cercando di recuperare dalla memoria i vari passaggi dello sviluppo di OverbooKing, sperando di non annoiarvi troppo.
Questo gioco non nasce sicuramente dall’ambientazione, ma da un principio che direi che si avvicini di più a una dinamica che non a una meccanica.
La prima idea infatti è stata quella di creare un gioco push your luck nel quale più giocatori, a turno, potessero giocare carte dalla mano con l’obbiettivo di giocarne il più possibile senza superare un massimale comune a tutti. L’idea era quella di far giocare dalla mano carte coperte davanti a se, rivelandone il seme (riportati dorso) ma non il valore. Durante il round ad ogni turno i giocatori potevano decidere di fermarsi o di proseguire. Quando tutti avevano deciso di fermarsi, si rivelavano le carte e Il giocatore che sommando il valore della propria carta a quello delle carte giocate precedentemente superava il limite, perdeva tutte le carte di quel seme.
Per l’ambientazione di questa prima versione avevo pensato a carte con rappresentati dei campi dove collocare 3 diversi tipi di animali: capre, mucche e pecore.
Già dai primi playtest mi sono accorto che il range da 1 a 10, che avevo fatto per i mazzi, era troppo ampio e che avere solo l’informazione del seme giocato dagli avversari era troppo poco per poter avere un minimo controllo dei valori presenti sul tavolo.
Il tentativo successivo è stato quello di trasformare i campi comuni in barche sulle quali posizionare le proprie carte merce (zenzero, pepe, cannella, menta). I giocatori quindi non giocavano più le carte davanti a se ma direttamente su una carta barca specifica che accoglieva solo alcune merci (4 semi) con un valore massimo da rispettare.
Da qui, dopo numerosi playtest, sono scaturite varie considerazioni che mi hanno portato a stabilire che per ogni nave si potevano giocare massimo 4 carte merci, che il range doveva essere ridotto a 6 e che sul retro oltre al seme della carta doveva esserci un’informazione parziale del valore della carta.
In questo modo il gioco già cominciava a girare e a creare scelte relativamente interessanti, ma gli mancava ancora qualcosa per diventare vario e avvincente.
Il passo successivo per rendere più completo il gioco è stato quello di dare alle carte merce dei poteri.
A questo punto per poterlo ambientare con coerenza, le carte non potevano più essere delle merci da spedire sulle navi (merci con poteri???). Ho pensato quindi di trasformare le carte merci in carte personaggi con caratteristiche differenti.
Non potendo spedire i personaggi sulle navi, come “contenitore” per questi ultimi mi è venuto naturale pensare a delle locande che li potessero ospitare.
Da qui altri mesi per inventare, provare e definire i poteri delle varie carte personaggio. A questo punto il problema era stabilire in che modo far attivare i poteri delle carte, cioè definire quando, o grazie a quale meccanica, considerare le carte non per il loro valore numerico ma pei il loro potere. Per una maggiore pulizia nella fase di gioco volevo che fosse chiaro a tutti con quale modalità venivano giocate le carte. Di conseguenza ho pensato di usare i due lati delle carte locanda per separare i due possibili utilizzi delle carte. Sul lato destro, sino a un massimo di quattro, si sarebbero giocate le carte nel tentativo di prenotare i posti letto grazie al loro valore numerico, mente sul lato sinistro, come se fosse un accesso sul retro, si sarebbero giocate le carte per poterne attivare i poteri.Ora il gioco girava benino ma giocare quattro turni risultava ancora un po’ ripetitivo anche se le locande avevano valori sempre diversi e nonostante avessi aggiunto i poteri alle carte.
Per creare una maggiore varietà tra i turni, dai playtest è venuto fuori di dare delle caratteristiche anche alle locande. Altri mesi e altre decine di playtest e ormai OverbooKing era quasi diventato il gioco che avrei spedito al premio Archimede.
Poche settimane prima dell’invio, infatti, in uno degli ultimi playtest mi ricordo che mi infastidiva il fatto che i giocatori giocassero quasi sempre prima tutte le carte sul lato prenotazione e solo alla fine le carte sul lato del retro della locanda per attivare il potere della carta. In quel playtest, Remo Conzadori, con una naturalezza che mi fece sentire proprio un babi, mi disse: “ma se vuoi che si giochi sul retro della locanda anche a inizio turno, mettici un incentivo, tipo un token con un punto vittoria che prenderà solo chi posiziona la carta per primo”. Suggerimento accolto al volo. Due tre prove per capire se era giusto dare 1 punto o mezzo punto, e poi per me il gioco era presentabile. Non mi rimaneva altro che scrivere il regolamento revisionarlo quelle duecento volte e poi preparare il prototipo da poter spedire.
Ricordo che poco prima di chiudere il pacco mi sono domandato se non avessi sbagliato target e fosse il gioco giusto da inviare al premio Archimede, non ero certo di aver fatto la scelta giusta , ma ormai era troppo tardi.
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Questo articolo è stato scritto da Khoril