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Domande random: ma stiamo parlando di un “gioco per non vedenti”, in cui quindi si deve stare bendati dall'inizio alla fine o di un gioco che volendo consente ai non vedenti di giocare a patto che qualche “vedente” gli dia una mano? Il gioco è un modo per sensibilizzare sull'argomento?
Io all'epoca avevo teorizzato un gioco (mai realizzato) in cui ci sono solo carte, e sono scritte sia in braille che in italiano (o inglese).
Le carte sono tutte in mano ai giocatori (tipo scopone, per capirsi).
In qualche modo, i giocatori devono passarsi le carte, magari cambiando giro o chiamandosi, e il primo che ottiene una combinazione particolare – attraverso gli scambi – vince.
(ovviamente bisogna inserire una meccanica che regoli il tutto – io ne avevo pensata una “diplomatica” di contrattazione – e una che stabilisca la vittoria, mi pare chiaro)
Quindi quello che conta per ogni giocatore è cosa c'è scritto sulle carte che ha attualmente in mano e le interazioni con gli altri (presumibilmente fatte a voce): se io dovessi fare un gioco per non vedenti, farei un gioco in cui non importa se ci vedi o no.
@ rayden: in werewolf viene richiesta la cecità “a tratti”. Ma se tu fossi cieco veramente, non potresti MAI giocare a werewolf.
Marco Valtriani
Red Glove Edizioni & Distribuzioni
Lead Designer
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Board Game Designers Italia