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Ah, si? La buttiamo sulle procedure spicciole? Ok!
Attivo il tratto “Se cado mi rialzo più forte di prima” (tiro un 2D6 in più) e “Astuto oratore” (raddoppio il roll se sto argomentando una discussione). In più, chiamo il tuo tratto “ho approfondito poco le uscite degli ultimi 5 o 6 anni”.
Vediamo se così vinco il conflitto…
Scherzi a parte, la struttura che hai proposto è un'ossatura molto intelligente per un tradizionale o comunque un GDR con master “arbitro”.
La discriminante “tradizionale o no” comunque è: il master è onnipotente, o comunque non limitato da vincoli sulla narrazione, o da vincoli aggirabili? il sistema si prefigge di simulare la fisica del mondo (o comunque “la realtà immaginaria”) e necessita quindi di una forte “moderazione” nell'interpretazione delle regole?
Semplificando tantissimo: se la risposta è si, è un tradizionale. Altrimenti, è molto probabile che non lo sia.
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Catalogare serve ad avere un linguaggio condiviso.
Se io dico “worker placement” e tu capisci “piazzamento tessere”, c'è un problema di comunicazione.
Se io dico “conflict resolution” e tu capisci “come si risolve il combattimento”, c'è un problema di comunicazione.
Così come non puoi parlare di teoria del cinema o di composizione musicale senza conoscere le basi del film making e di armonia e contrappunto, è difficile parlare di game design usando termini a caso.
Qualcuno obietterà che il game design per molti è solo un hobby o una passione… vero.
Ma nessun videomaker amatoriale verrebbe preso sul serio se confondesse una steadicam (un'imbragatura con cui l'operatore video ha le mani libere, e che evita allo stesso tempo che la macchina da presa risenta di oscillazioni) con una handycam (le videocamere compatte che si tengono con una mano sola).
E' per questo che non solo io, ma altri autori ben più famosi di me, cerchiamo di creare una lista di termini, categorie e simili che aiutino a trovare un “linguaggio comune”.
Che poi si debba “uscire” dalle categorie, dagli schemi e dalle convenzione per creare qualcosa di originale è indubbio, ma come diceva il saggio: per infrangere le regole bisogna conoscerle.
Per rispondere direttamente: in che modo conoscere e accettare una categorizzazione del genere è pericoloso? Meglio subire un'influenza (che però si basa su presupposti corretti) e poi limare il proprio stile in seguito, che non partire con convinzioni sbagliate, no?
Per capirsi: meglio conoscere prima le note e poi comporre, o meglio comporre e poi spiegare a gesti al musicista cosa deve suonare?
Marco Valtriani
Red Glove Edizioni & Distribuzioni
Lead Designer
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Board Game Designers Italia