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#17014
Izraphael
Partecipante

Disclaimer: quelle che seguono sono tutte opinioni mie, di cui però sono abbastanza convinto :)

Ho capito il discorso “partita secca – 5 partite – torneo”, ma non condivido che sia la “base” per partire. Cioè: il discorso è corretto, ma partirei da molto prima del numero di partite che verranno giocate.
Di fatto, eccezion fatta per i collezionabili, pochissimi giochi di carte “moderni” hanno una “modalità” torneo; spesso un gioco viene giocato 4-5 volte, e poi sostituito da altri.
Difficilmente un gioco viene giocato più di 15-20 volte dallo stesso gruppo di gioco.

L'obiettivo di un designer che si mettesse a inventare un card game (sia esso un party come The Great Dalmuti o un gioco più strutturato come Citadels) dovrebbe concentrarsi principalmente sulla partita secca, perchè se questa fosse insoddisfacente è purtroppo plausibile che il gruppo di gioco non faccia mai la seconda (magari rifilando un bel 3 al gioco su Boardgamegeek).
Certo, dato che c'è una componente aleatoria (più o meno presente, ma stiamo dando per scontato che tranne rarissimi casi nei giochi di carte si pesca, quindi c'è del caso con cui fare i conti) è ovvio che i playtest devono tener conto di quello che succede in una serie di partite con persone di abilità ed esperienza differenti, ma questo vale per qualsiasi gioco e non solo per i card game.
Con questo non dico che non sono d'accordo, anzi, mi pare ovvio che la fortuna tenda a “spalmarsi” su più partite, ma non dovremmo focalizzare l'attenzione in modo che il gioco piaccia il più possibile al target di riferimento fin dalla prima partita e che nessuno si senta frustrato dall'avversa sorte?

Se proprio dovessi isolare il problema “caso” nei giochi di carte, farei una suddivisione per target, che in realtà vale anche per i giochi da tavolo.
Target: Children –> Family –> Gateway –> Hardcore
Alea: Alta


> Bassa
Complessità: Bassa


> Alta
Più il target è basso, più il giocatore è disimpegnato e più sta giocando più per il “fun factor” che non per la tenzone intellettiva.
L'incidenza dell'alea, ormai mi pare chiaro, può essere gestita in diversi modi: pesca più o meno selettiva, statistica (X copie di una carta su un mazzo di Y carte), bilanciamento o sbilanciamento delle carte (presenza o meno di carte overpowered – per usare il gergo dei GCC), hand managment più o meno complessa, e così via. Più meccanismi di controllo si inseriscono, però, più aumenta la complessità, a meno di non eliminare direttamente il fattore principale di caso, ossia la pesca (come avviene nel memory), che però implica un lavoro di bilanciamento assurdo a meno di non fare giochi di una semplicità assoluta (come il memory).
Cioè: se io uso una meccanica di pescata selettiva assoluta (ho accesso a tutte le carte e “pesco” la carta che voglio ogni turno) bisogna che gli effetti siano bilanciati alla perfezione, altrimenti una data combinazione potrebbe condurre a vantaggi abissali e diventare quindi “obbligata”.

Partendo da questi presupposti si vede come di fatto nel bilanciare un gioco (e ancor di più un gioco di carte) ci si trovi più o meno di fronte a una bilancia da far pendere da una parte o dall'altra a seconda del risultato che vogliamo ottenere.
Va da sè che l'inserimento di una regola particolarmente elegante o intelligente è determinante. Se si trova un modo per selezionare le azioni privo di fortuna o quasi, relegando l'alea alla pesca di carte secondarie (come in Citadels) si tolgono di mezzo un sacco di problemi indipendentemente dal target.
Tutto questo facendo i conti con quello che vogliamo dal gioco: deve far ridere o è un brain consuming? E' astratto o fortemente ambientato?…
Se il gioco fa ridere e/o diverte e soddisfa le aspettative, può anche essere massivamente influenzato dalla fortuna e il target lo apprezzerà comunque (Munchkin, ma anche Arkham Horror o Runebound sui GDT), se invece ci si rivolge agli hardgamers volendo presentare un gioco comunque profondo, beh, bisogna che lo sia davvero e che si abbia sempre la sensazione di riuscire a controllare in larga parte la partita: se si perde è perchè gli altri giocano meglio e/o indovinano le nostre intenzioni (Race for the Galaxy, Citadels) e non per sorte avversa.

E anche oggi ho scritto troppo, sorry :)

Marco Valtriani
Red Glove Edizioni & Distribuzioni
Lead Designer
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Board Game Designers Italia