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Faccio i complimenti a Spartaco Albertarelli per il seminario tenuto Sabato dopo pranzo: i suoi discorsi sono sempre interessanti, utili e tengono sempre attiva l'attenzione del pubblico.
Dopo il suo intervento, però, mi restano dei dubbi sulle domande postate sul forum e che non hanno avuto risposta.
Per completezza, chiedo gentilmente se può rispondere alle domande scritte prima di IDEAG (alcune delle quali hanno avuto comunque risposta live), anche a favore di chi non ha potuto partecipare direttamente al seminario.
Aggiungo 3 domande alla fine.
– A volte ci stupiamo ancora di quanta fantasia ci mettano gli editori nel giustificare un rifiuto davanti a proposte che sono, secondo il giudizio nostro e delle nostre mamme, imperdibili… ovviamente non vediamo che una parte degli innumerevoli motivi che motivano queste decisioni. Puoi aiutarci a capire meglio?
– Quali sono gli errori che assolutamente non si possono perdonare in un prototipo?
– Meglio una scheda sintetica di presentazione o le regole nude e crude?
– Meglio la presentazione dal vivo o un invio per posta?
– E' vero che girare per le fiere con illustratrici carine e simpatiche aiuta molto i contatti?
– Per un autore ci sono più possibilità di pubblicare con editori della grande distribuzione o con gli altri? C'è un diverso approccio da utilizzare?
– Quali sono le possibillità di essere assunto come game designer o product manager presso una grande azienda di giochi? Quali sono i requisiti da avere per un'eventuale assunzione? Quali doti si dovrebbero avere per fare bene questo tipo di lavoro?
– Quali sono le principali differenze nell'approccio allo sviluppo di un gioco nel caso in cui un autore si proponga ad un editore rispetto al caso in cui un editore proponga ad un autore un gioco su commissione?
– Di solito non c'è modo per un autore per tutelare il proprio gioco, ed anzi, registrare un regolamento alla SIAE è di solito controproducente perché questa cosa non viene vista di buon grado da parte di un editore, in particolare se piccolo. Si può fare un discorso analogo anche per le grandi case editrici?
– Durante il seminario si è detto che ad un editore non bisogna dire che il gioco è in valutazione presso un altro editore, perché può sembrare che si tratti di una seconda scelta. Io ho sempre saputo che durante le fiere come Essen e Norimberga gli autori propongono lo stesso gioco a più editori, i quali sanno che non sono gli unici a valutare quel prototipo. Conosco autori che hanno lasciato uno stesso gioco anche a 7 editori diversi. Come possono conciliarsi queste affermazioni? Forse si può dire che si può lasciare uno stesso gioco in contemporanea a più editori, e che non conviene lasciare un gioco ad un editore quando 6 mesi prima un altro ti aveva detto di essere interessato?
– Durante il seminario si è detto che l'interlocutore a cui si propone un gioco probabilmente non è esperto di meccaniche di gioco. Quando ho proporto giochi alle emergenti case editrici italiane ho quasi sempre avuto a che fare con persone che erano autori di giochi, o per lo meno esperti di meccaniche di gioco. Il discorso fatto durante il seminario si può invece riferire alle grandi aziende italiane e straniere, che, contando su un maggior numero di dipendenti ed una struttura più complessa del piccolo editore, in taluni casi affidano il contatto con autori esterni non a sviluppatori di giochi, ma a tipi di profili con differenti competenze?
– Durante il seminario si è detto che il prototipo deve essere ben curato. Anche qui, ho spesso sentito dire che la grafica e la qualità di un prototipo non sono fondamentali, purché ovviamente non siano oscene (fogli di grammatura 80 scritti a penna) o a scapito della funzionalità del gioco. Ovviamente l'occhio vuole la sua parte, ma quanto questa cosa è importante?
Lo so, le domande sono tante. Ringrazio per la disponibilità.
Ciao
Una trasposizione scadente di una licenza in un gioco ha ottime possibilità di uccidere un potenziale nuovo giocatore, di stroncarne sul nascere l’entusiasmo e la volontà di scoprire se ci sono “altri giochi belli come questo” (A. Chiarvesio)