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Faccio i complimenti a Spartaco Albertarelli per il seminario tenuto Sabato dopo pranzo: i suoi discorsi sono sempre interessanti, utili e tengono sempre attiva l'attenzione del pubblico.
Ringrazio. Per me è sempre un piacere straparlare di giochi.
Per completezza, chiedo gentilmente se può rispondere alle domande scritte prima di IDEAG (alcune delle quali hanno avuto comunque risposta live), anche a favore di chi non ha potuto partecipare direttamente al seminario.
Lo faccio volentieri, ma se mi date del lei vi tolgo il saluto. Cercherò di essere il più sintetico possibile ripromettendomi, magari, di riprendere alcuni spunti di interesse generale su mio blog.
– A volte ci stupiamo ancora di quanta fantasia ci mettano gli editori nel giustificare un rifiuto davanti a proposte che sono, secondo il giudizio nostro e delle nostre mamme, imperdibili… ovviamente non vediamo che una parte degli innumerevoli motivi che motivano queste decisioni. Puoi aiutarci a capire meglio?
Molti editori si pongono il problema di cercare delle risposte che non siano eccessivamente “offensive” e magari finiscono per arrampicarsi sugli specchi. Bisogna sempre considerare che il rifiuto è comunque la cosa più probabile quando si presenta un gioco nuovo, non fosse altro che per una questione statistica.
– Quali sono gli errori che assolutamente non si possono perdonare in un prototipo?
Il prototipo deve dare l'idea che dietro vi sia passione e dedizione. Le cose “tirate lì” si riconoscono subito, soprattutto se si ha un occhio esperto. Il prototipo è il “biglietto da visita” dell'autore, non si richiede che sia perfetto, ma deve trasudare passione.
– Meglio una scheda sintetica di presentazione o le regole nude e crude?
Dipende dal gioco. Se il regolamento è semplicissimo, può andare bene quello, altrimenti una scheda con le informazioni essenziali può risultare più utile.
– Meglio la presentazione dal vivo o un invio per posta?
Ovviamente dal vivo, ma poiché si tratta di un'opportunità piuttosto rara meglio attrezzarsi per la presentazione “postale”.
– E' vero che girare per le fiere con illustratrici carine e simpatiche aiuta molto i contatti?
Se sono anche molto brave certamente sì.
– Per un autore ci sono più possibilità di pubblicare con editori della grande distribuzione o con gli altri? C'è un diverso approccio da utilizzare?
Tendenzialmente è più facile con gli editori che non lavorano nel mass market perché sono più attenti alle novità e all'innovazione. Le aziende che lavorano nel mass market sono meno propense a far esperimenti e si basano quasi sempre sulla notorietà (del marchio, della licenza, dell'autore). Se sei già conosciuto come uno che progetta prodotti che si vendono, allora sei un interlocutore interessante, altrimenti no.
– Quali sono le possibillità di essere assunto come game designer o product manager presso una grande azienda di giochi? Quali sono i requisiti da avere per un'eventuale assunzione? Quali doti si dovrebbero avere per fare bene questo tipo di lavoro?
Pochissime, almeno nel nostro Paese, perchè pochissime sono le azienda che operano in questo settore. Il game designer e il product manager sono comunque due ruoli distinti, che richiedono diverse competenze. Spesso le due figure sono in “contrasto” perché il designer è spinto al miglioramento costante dell'idea, mentre il manager vuole avere il prodotto pronto il prima possibile.
– Quali sono le principali differenze nell'approccio allo sviluppo di un gioco nel caso in cui un autore si proponga ad un editore rispetto al caso in cui un editore proponga ad un autore un gioco su commissione?
Nel secondo caso bisogna essere un po' più “product manager” e un po' meno “game designer”.
– Di solito non c'è modo per un autore per tutelare il proprio gioco, ed anzi, registrare un regolamento alla SIAE è di solito controproducente perché questa cosa non viene vista di buon grado da parte di un editore, in particolare se piccolo. Si può fare un discorso analogo anche per le grandi case editrici?
Non c'è molta differenza, almeno per quanto ne so io.
– Durante il seminario si è detto che ad un editore non bisogna dire che il gioco è in valutazione presso un altro editore, perché può sembrare che si tratti di una seconda scelta. Io ho sempre saputo che durante le fiere come Essen e Norimberga gli autori propongono lo stesso gioco a più editori, i quali sanno che non sono gli unici a valutare quel prototipo. Conosco autori che hanno lasciato uno stesso gioco anche a 7 editori diversi. Come possono conciliarsi queste affermazioni? Forse si può dire che si può lasciare uno stesso gioco in contemporanea a più editori, e che non conviene lasciare un gioco ad un editore quando 6 mesi prima un altro ti aveva detto di essere interessato?
Nel seminario ho anche detto che le mie non sono “leggi scritte nella pietra”. Posso dire che, dal punto di vista del product manager, l'idea di essere in “competizione” con altre case editrici difficilmente fa scattare quel meccanismo che forse l'autore si attenderebbe. Poi, come al solito, la cosa è strettamente collegata anche all'autore del gioco e all'idea che è stata presentata. Se sei un autore famoso oppure hai veramente ideato il gioco più bello del mondo, allora il meccanismo può essere diverso. Ma un autore famoso non ha certo bisogno dei miei consigli.
– Durante il seminario si è detto che l'interlocutore a cui si propone un gioco probabilmente non è esperto di meccaniche di gioco. Quando ho proporto giochi alle emergenti case editrici italiane ho quasi sempre avuto a che fare con persone che erano autori di giochi, o per lo meno esperti di meccaniche di gioco. Il discorso fatto durante il seminario si può invece riferire alle grandi aziende italiane e straniere, che, contando su un maggior numero di dipendenti ed una struttura più complessa del piccolo editore, in taluni casi affidano il contatto con autori esterni non a sviluppatori di giochi, ma a tipi di profili con differenti competenze?
Sì, quanto più è specializzato l'editore, tanto più è facile che l'interlocutore sia anche molto competente. La dimensione del mercato italiano e delle case editrici italiane è però tale che per la maggior parte si tratta di produttori molto specializzati.
– Durante il seminario si è detto che il prototipo deve essere ben curato. Anche qui, ho spesso sentito dire che la grafica e la qualità di un prototipo non sono fondamentali, purché ovviamente non siano oscene (fogli di grammatura 80 scritti a penna) o a scapito della funzionalità del gioco. Ovviamente l'occhio vuole la sua parte, ma quanto questa cosa è importante?
Vale sempre lo stesso discorso: più si punta verso l'alto, più l'immagine, in generale, ha un proprio peso. Resta sempre il fatto che un prototipo deve trasudare passione e deve dare l'idea che abbia effettivamente superato un vero playtest. Se il materiale utilizzato è eccessivamente “povero” è difficile che i playtester abbiano realmente potuto apprezzare il gioco per quello che potenzialmente potrebbe essere (a meno che non siano dei platester “professionali”)