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Tendenzialmente quoto Plautus (come al solito) e Khoril.
Usare gli autotest per fare stress test è d'obbligo, almeno fino a quando si fanno degli stress test veri e propri con playtester “non a caso”, che ovviamente sono merce ancora più rara rispetto ai tester occasionali e che solitamente vengono fatti in una fase successiva.
Un paio di appunti: gli autotest hanno ovviamente meno senso nei giochi di bluff (a meno di non soffrire di MPD) e nei giochi d'aste. Si possono verificare diverse cose comunque, ma non si avrà mai un'idea precisa di come “gira” il gioco*
Attenzione anche a un'altra cosa: difficilmente un autotest dà indicazioni precise e reali sulla complessità effettiva (cioè se la maggioranza dei giocatori percepirà il gioco come “facile” o “complesso”) e soprattutto sulla durata, visto che un autotest non tiene di conto di spiegazione e ricerca delle regole sul manuale durante la partita, e ovviamente visto che l'autore che gioca un proprio gioco ha tempi di reazione immensamente superiori ai comuni mortali, visto che non “vede” il gioco ma “legge il codice” tipo matrix.
Insomma: gli autotest sono ottimi per sgrossare il gioco prima di darlo in pasto ai playtester, però non stupitevi se le impressioni derivanti dai primi test saranno diverse dalle vostre
Maledetti playtester
* per esempio, se fate un gioco che mescola aste, raccolta di informazioni segrete, un pelo di bluff e magari aggiungete simpaticamente di una specie di “traditore”… scoprirete che è impossibile autotestarlo. Ogni riferimento a 011 è puramente casuale.
Marco Valtriani
Red Glove Edizioni & Distribuzioni
Lead Designer
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Board Game Designers Italia