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Ma infatti la mia non voleva essere una critica ma un'occasione di discussione, e vedo con piacere che comunque anche voi avete tenuto presente entrambi gli elementi che formano un gioco.
Anche per me la meccanica deve funzionare, infatti ho detto 50 e 50 dal mio punto di vista.
Poi specifico che è anche questione di gusti: a me gli scacchi non hanno mai entusiasmato ad esempio, per la troppa astrazione e il troppo calcolo, ad altre persone invece piacciono tantissimo.
Mi piacerebbe solo che “educassimo” tutti assieme editori, giocatori, inventori e quant'altri ad apprezzare tutte le sfumature dei giochi, e non farne invece una questione di principio (come chi inorridisce al pensiero che un gioco possa essere profondo anche usando dei dadi).
Tra l'altro, prendo spunto dal tuo ultimo commento, per un'altra riflessione: il mercato del gioco.
Il mercato, come tutti i mercati, è influenzato principalmente proprio dagli stessi editori/distributori e negozianti. Sarebbe influenzato dalal pubblicità/comunicazione, ma questa è quasi sempre molto scarsa nel nostro ambito purtroppo, vuoi per mancanza di soldi, vuoi per mancanza di voglia di spendere per spingere un gioco.
Se proviamo a pensare ai potenziali acquirenti di un gioco, penso si possano dividere in 5 categorie:
– appassionati: conoscono i giochi, leggono le recensioni, studiano un gioco prima di comperarlo.
– Competitivi gamers che giocano solamente in modo estremamente competitivo, e per cui il gioco in se non interessa quanto che sia bilanciato e possa essere giocato competitivamente
– settoriali: conoscono principalmente un tipo di gioco (alcune rare volte un solo gioco), tutte le altre meccaniche non gli piacciono e sono ipercritici verso qualsiasi novità.
– gamers generici: conoscono un po' i giochi, gli piace giocare ai boardgame e vengono influenzati dai suggerimenti altrui su cosa comprare
– casual gamers: in questa categoria rientrano dal giocatore che gioca ogni tanto e compra prodotti “pubblicizzati” in fiera o al supermercato, a quello che non gioca mai e compra il “giocone” (monopoli) perchè sta al supermercato e deve fare un regalo di Natale.
La categoria “appassionati” viene influenzata principalmente dai siti specializzati, recensioni, consigli di altri gamers, forums, etc.
I “competitivi” sono dei fanatici della competizione, giocano ai giochi più giocati perchè così ci sono tornei, competizioni, etc. Non gli interessa troppo com'è il gioco, quindi anche loro sono difficili da influenzare direttamente. Ovviamente il gioco deve funzionare ed essere bilanciato altrimenti la competizione è fallata.
I “settoriali” sono talmente fanatici del loro settore che è inutile anche solo cercare di influenzarli: al max comprano qualche cosa che è una variazione del loro settore/gioco.
I “gamers generici” vengono influenzati da dimostrazioni, pubblicità, consigli di amici, e in generale “l'hypen” che viene creato sul gioco: seguono la massa in genere, non avendo conoscenze specifiche.
I “casual gamers” scelgono più o meno a casaccio: se sono ad una fiera vengono anche loro influenzati da dimostrazioni, cartelloni, immagini che colpiscono, simpatia dell'autore, etc. Al supermercato dipende dalla scatola, se hanno già sentito il nome (pubblicità) e da dove è posizionato il prodotto (scelta del supermercato).
Mi fermo qui nell'analisi perchè diventerebbe molto complessa, anche se sto personalmente facendo una mini ricerca su questi argomenti, però si possono già dedurre alcune cose:
– la categoria più influenzabile attraverso un “buon gioco” è quella degli appassionati (e indirettamente quella dei competitivi, dato che saranno “costretti” a giocare i giochi più gettonati/giocati dagli appassionati, per poi “massacrarli” (almeno così la vedono loro) nelle partite che giocano con maggiore razionalità e minore entusiasmo.
– Le categorie più influenzabili attraverso il marketing sono quella dei casual gamers e dei gamers generici. Nel marketing rientrano dimostrazioni, grafiche, cartelloni, pubblicità, e tutte le forme di “spinte” mediatiche che si possono ottenere, inclusi ad esempio i giochi tratti da film/videogiochi/libri.
Concentrarsi su pochi tipi di prodotto, spinge invece a concentrare l'attenzione di editori e distributori sulla categoria “settoriale”, quella più difficilmente conquistabile e modificabile. Questo crea un mercato “viziato” e che non segue realmente le regole del mercato.
Non è facile da spiegare a parole e spero di non avervi confuso ulteriormente, ma in pratica ciò che gli editori e distributori “spingono” in maniera conscia o inconscia, non è ciò che realmente vuole il mercato, ma ciò che loro CREDONO che voglia il mercato. Discutono tra di loro (editori con editori, distributori con editori, etc) e con un po' di autori famosi, e decidono alla fin fine consciamente o meno che “quel tipo di gioco è buono per il mercato, quell'altro no”, e soprattutto analizzano le VENDITE. Questo anche in barba ai reali gradimenti dei giochi.
Il problema è che le vendite sono influenzate da loro stessi molto più che non realmente dai compratori potenziali.
Mi spiego: se io ho il monopolio del mercato del gioco, e creo solamente giochi di corse di papere basati sulla meccanica del tiro di dado, tenderò a spingerli consciamente e inconsciamente, e li farò diventare famosi e farò giocare la gente a quello. Se poi analizzerò le vendite, le voci dei distributori e negozianti, scoprirò che “il gioco della papera” è quello che va per la maggiore, e ne creerò altri.
Questo non vuol dire che la gente in realtà non apprezzerebbe di più/comprerebbe un altro prodotto, ma semplicemente che ho viziato il mercato.
A cosa porti quest'analisi di preciso ancora non lo so, dato che io mi occupo di comunicazione e pubblicità in altri settori e non sono un esperto di marketing (anche se indirettamente me ne occupo), però un elemento che se fossi un editore/distributore analizzerei di più, sono i giochi “fuori dal coro” che riescono a vendere e diventare famosi, e le meccaniche attraverso cui sono diventati famosi.
Applicherei poi tali meccaniche al mercato italiano per influenzarlo, invece di adattarmi alla corrente e pubblicare “quello che tutti vogliono” e che probabilmente continuerà a vendere seguendo il trend (negativo) del mercato italiano.
Beh, ho straparlato abbastanza per oggi
Buon lavoro a tutti!
Gio