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E' un discorso estremamente interessante, che si presta a tante riflessioni di tipo differente. Ne butto lì alcune, da approfondire
Il game design non è solo arte. Sicuramente, come in tante altre attività umane, ci può essere una predisposizione o una 'forma mentale' che aiuta nell'approccio, ma non è una dote innata. Nel game design come in tutte le professioni l'esperienza aiuta eccome, e solitamente passano anni e anni prima di avere un qualche tipo di gratificazione. Qualche giorno fa qualcuno ha postato un video che vi condivido: http://vimeo.com/24715531#at=6
Personalmente riconosco che – nonostante abbia avuto una fortuna incredibile che mi ha permesso di pubblicare il primo gioco molto presto – il mio modo di approcciarmi ai giochi e di riconoscere le idee che ha senso o non ha senso perseguire è cambiato molto. Forse ho 'interiorizzato' parzialmente il gusto di editori e di mercato. Insomma, è difficile al momento che faccia un gioco che io ritenga degno di pubblicazione che poi non viene pubblicato, o che mi trovi in forte disaccordo con le ragioni di un rifiuto da parte di un editore.
Questa esperienza mi aiuta anche molto nella fase di risoluzione problemi. In qualche modo mi accorgo che nella mia mente si attivano dei 'pattern', delle procedure o dei ventagli di soluzione che mi aiutano a sistemare squilibri nei giochi. Insomma, non è più un processo puramente empirico (provo così, poi provo così, no magari così…), ma so che a certi tipi di problemi corrispondono certi tipi di soluzione.
Infine, riguardo all'originalità dei giochi, ultimamente ho espresso questo motto un po' assurdo: “in un gioco di originale serve un'idea e mezzo”. Che può essere una meccanica e un'ambientazione, o tre mezze meccaniche (twist su meccaniche note)… Due idee sono spesso troppe, una sola lascia il senso di dejavu in bocca. Poi naturalmente ci sono eccezioni meravigliose.
Tanti spunti un po' lasciati lì. Spero che qualcosa si colga.