Rispondi a: L’arte di non saper fare giochi da tavolo

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#28748
fantavir
Partecipante

Ciao,
butto giù anch'io qualche riflessione volante.
Sulla base della mia esperienza personale, penso ci siano molti fattori che determinano se un gioco viene pubblicato oppure no.
Come autori pensiamo solitamente alla meccanica, o all'ambientazione, ma oltre a quanto ricordato da mcuccia (estetica, componentistica…), potrei citare costo, attinenza col catalogo dell'editore e con quello che sta cercando in quel momento, attinenza col mercato… e poi una serie di circostanze e coincidenze, che non dipendono da te, per cui proponi il tuo gioco all'editore giusto nel momento giusto.
Ad esempio io ho un giochino ideato nel 2004, che doveva uscire 2 volte, con 2 editori diversi, ma poi è saltato tutto per motivi indipendenti da me e dal gioco. Se verrà pubblicato o no, non vorrà dire che il gioco è bello o brutto: si può solo dire che è stato fortunato o sfortunato.
Posso fare un bellissimo gioco astratto per 2, uno sportivo, uno di percorso o uno che costerebbe 100 euro al pubblico: il gioco può essere bello, ma non pubblicabile.
Inoltre, azzardo, ed è solo un'opinione personale, magari alcuni autori riescono a pubblicare un gioco perché hanno avuto modo di conoscere personalmente gli editori (non che siano amici, ma diciamo che se si incontrano si salutano, si scambiano 2 chiacchiere e c'è reciproca stima): conoscendo meglio un editore, l'autore sa meglio cosa l'altro sta cercando; conoscendo meglio un autore e magari avendo l'opportunità di confontarti periodicamente con lui, anche di persona, all'editore potrebbe venire più spontaneo pubblicare un suo gioco rispetto a quello di uno sconosciuto che ha inviato, come tante altre persone, un regolamento in formato elettronico. Giusto come esempio, questa cosa si potrebbe paragonare, con le dovute proporzioni, a quel legame che si crea nel tempo tra un cliente e un fornitore, o tra autori famosi come Knizia e grandi editori come Ravensburger.
Tornando alle qualità dell'autore, potrei dire che alcuni possono essere più bravi di altri, o per semplice talento, o perché hanno giocato tanto, o perché sono consapevoli delle loro capacità e quali giochi sono proponibili. Io ad esempio i primi tempi, oltre a ideare giochi di sole carte, cercavo ogni tanto di fare qualcosa di più alla tedesca. Questi giochi potevano anche girare, ma risultavano un po' freddi o da bilanciare in alcuni punti: necessitavano quindi di un numero di playtest che non mi potevo permettere. Ora so che dovrei dedicarmi più a giochi leggeri, con pochi materiali, e curare di più l'ambientazione o cercare un componente (non solo una meccanica) che caratterizza e rende unico un gioco.
Quando un gioco non gira dopo i primi playtest, è facile e spontaneo, soprattutto all'inizio, aggiungere regole, che rendono il gioco inutilmente più complesso. Personalmente, ritengo che l'ideale sia riuscire a fare cose semplici e che divertono.
E una volta fatto questo, devi essere fortunato: puoi proporre un gioco ad un piccolo editore, che però ne pubblica uno all'anno e riceve altre 30 proposte oltre alla tua; puoi proporlo ad un grande editore, e, anche se i numeri sono più grandi, il rapporto tra proposte e giochi pubblicati può essere lo stesso di un editore piccolo.
Insomma, per farla breve, bisogna essere bravi, ma anche fortunati, e andare oltre a meccanica e ambientazione per capire se un gioco viene pubblicato o meno. E non scoraggiarsi perché c'è chi riesce a pubblicare dopo un anno, ma anche chi lo fa dopo 5 anni o più!
Ciao

Una trasposizione scadente di una licenza in un gioco ha ottime possibilità di uccidere un potenziale nuovo giocatore, di stroncarne sul nascere l’entusiasmo e la volontà di scoprire se ci sono “altri giochi belli come questo” (A. Chiarvesio)