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Io porterò un gioco, credo. Anzi, un giochino. Con pochi pezzi, regole semplici, durata modesta (si parla di 15-30 minuti). Insomma, una prova del fatto che dalla scorsa IDeaG ho imparato qualcosa…
Titolo: Splatform. Come l’ardito neologismo sembra suggerire, l’idea che trae la sua ispirazione dai vecchi arcade con le piattaforme che infestavano le sale giochi dei circolini negli anni ottanta. Sostanzialmente, i giocatori saltellano da una piattaforma all’altra, spostandole e inclinandole nel tentativo di far precipitare gli avversari o di schiacciarli con dei macigni, o magari di spingerli sopra una piattaforma arroventata… roba così. Non propriamente un cooperativo, insomma.
Però, il discorso di Tanis70 sui cooperativi (che sono anche tra i miei giochi preferiti; e, a proposito, Linx: sono mesi che mi rodo dalla voglia di provare Shadows in the Fog) mi ha messo il tarlo di riportare anche Quarantena. In realtà fino ad oggi ero persuaso del contrario, perché la sua componentistica massiccia e la durata tendenzialmente elevata lo rendono impubblicabile. Il fatto è che negli ultimi 365 giorni non l’ho affatto abbandonato, anzi: ho continuato a giocarlo, con qualche amico o nei circoli di appassionati. Anche da solo, visto che si presta benissimo.
Rispetto a un anno fa ho raffinato quasi ogni aspetto delle meccaniche, studiato nuovi modi di gioco (tra cui uno spassoso deathmach a squadre per chi non digerisce i cooperativi o semicooperativi), ed introdotto un sistema di punteggio che permette di fissare un limite alla durata. Ho reso più flessibile l’equipaggiamento, in modo che i giocatori possano combinare tra loro le varie robine per seguire una strategia personalizzata.
A proposito, per chi non lo sapesse Quarantena è un gioco di avventura che unisce un’ambientazione un po’ cyber-futurosa a meccaniche tedescoidi (quasi)deterministiche; non si lanciano i dadi, insomma, però si esplora un laboratorio sotterraneo e si ammazzano mostri. I mostri stessi, mossi dall'”AI” del gioco, sono sempre diversi, in quanto vengono generati casualmente dalla pesca di tre tipi di “cellule” che deteminano il movimento, il raggio e la forza degli attacchi. Bla bla bla.
Insomma, anche se è uno dei giochi che più amo in assoluto, parlando da giocatore, rimane decisamente impubblicabile.
E non credo valga la pena di portarlo, proprio perché quest’anno vorrei riuscire a provare molte più opere altrui (e dalle anticipazioni sono già molto curioso).
Insomma, io vengo con un gioco. Anzi… un giochino.
"Ci sono almeno due tipi di giochi. Uno potrebbe essere chiamato finito, l'altro infinito. Un gioco finito si gioca per vincerlo, un gioco infinito per continuare il gioco. (…) Non c'è che un solo gioco infinito."
(James P. Carse – da "Giochi finiti e infiniti")