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In quel “la maggior parte di loro” c’è comunque la volontà di escludere ogni tanto qualcuno. Insomma, negli anni qualche editore sulla personalissima lavagnetta “buoni/cattivi” c’è finito, a destra.
Anch’io, come tutti ho la mia “lavagnetta mentale” dove segno i buoni e i cattivi e ci sono nomi in entrambe le caselle… e anche a meta’ strada!
Io ho molta esperienza di videogames. dove i contratti con i programmatori e gli sviluppatori sono pero’ molto diversi. E in quel settore ormai la lavagnetta dei buoni/cattivi e’ in comune fra tutti i programmatori. E’ risultato essere un ottimo strumento. Oggi prima di accettare un contratto (che nei videogames sono molto piu’ lunghi e molto piu’ impegnativi) i programmatori si informano sulla lavagnetta e gli editori (ma il focus e’ piu’ sui manager che sugli editori) nella lista dei cattivi non se li fuma nessuno. Questo ottimo risultato pero’ non sara’ probabilmente applicabile anche ai giochi da tavolo.
Credo che l’autore debba pensare a far bene il suo lavoro, che e’ di fare un bel gioco, e solo dopo si debba infilare nel problema di venderlo a qualcuno.
…
Ovvero un “professionista”. Questo mi ha portato a pubblicare piu’ giochi di altri autori, ma come Autore sono molto, molto decaduto.
Mmmhh… credo che qualcuno non capira’ questa mia affermazione…La capisco ma non la condivido del tutto. Sarà perché ho una visione più artigianale che artistica dell’attività di autore (anche di libri, non solo di giochi). O forse che tutto sommato non ritengo la Cappella Sistina meno un capolavoro perché Michelangelo è dovuto scendere a compromessi con la forma della sala e la posizione delle finestre fissata da altri nel secolo precedente, così come spesso gli scultori pensano le statue in funzione a dove andranno collocate, gli architetti agli edifici in base a funzionalità pratiche, i grandi fotografi alle loro foto sapendo se diventeranno copertine di certe riviste piuttosto che altre o di dischi o che… E quindi se un autore “taglia” un gioco su un editore o una collana fa il suo mestiere. Certo, se in preda all’ispirazione ha voglia di fare un gioco in un certo modo dovrà poi scegliersi, tra i tanti editori e le molte collane, quelli più adatti al gioco che ha in mente (e non viceversa)… Sperando che anche l’editore la pensi come lui.
Io sono giunto alla conclusione che occorrano entrambe le cose. Quando devo sviluppare un gioco da “professionista” lo faccio con impegno e con i crismi che un professionista deve avere. Poi pero’ non dimentico di dedicarmi ogni tanto ai giochi che mi piace scrivere. Non e’ un gran che come equilibrio, ma piu’ o meno funziona e mi sono meglio.
Ma fa parte del gioco!
Questo e’ il punto! Che quando ti metti a scrivere giochi in modo professionale tutto questo non e’ piu’ “un gioco”. E’ un lavoro, serio. E come tale deve essere trattato.
Nella mia lavagnetta buoni/cattivi segno anche quelli che in alcuni casi trattano le cose come artigianal-amichevole e qualche volta in modo professionale e, ovviamente, sono l’uno o l’altro a seconda della loro convenienza. Ci sono rimasto fregato spesso in passato in questo modo. Della serie: TU devi consegnare i files categoricamente entro la scadenza, LORO non pagano neanche dopo anni…
Bah… sara’ che sono un po’ deluso dall’andamento degli ultimi giochi…