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La contrapposizione c’è, ma non è in termini etici o teorici. I videogames non sono “cattivi” (e come in ogni campo ci sono capolavori e robaccia), ma fanno parte di un trend sociologico che, almeno a me, sembra “pericoloso”. Tutto deve essere pronto, di facile fruizione, immediato e spettacolare. Il piacere della rielaborazione, dell’interpretazione, della costruzione mentale è quasi dimenticato…
Il problema dei videogames è che sono ormai monopolistici rispetto al mercato ludico, e, sommati ad altre modalità di intrattenimento che oggi vanno per la maggiore (cinema e TV), forniscono un sistema di divertimento coinvolgente ma che lascia poco spazio alla rielaborazione mentale del soggetto. La lettura di un libro o una partita ad un gioco da tavolo mettono in campo processi cognitivi più faticosi ma anche più “appaganti” nella fruizione del mezzo, ma questa fatica sembra sempre più aliena alle nuove generazioni….
Siamo immersi in una società dell’immagine a 360 gradi…sembra sempre più difficile ritagliare spazi per l’immaginazione pura…