Rispondi a: Preoccuparsi per i costi?

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#9397
crisi
Partecipante

Scherzi a parte, mi ricordo ora che una cosa seria da dire ce l’avevo.

Condivido il sentimento diffuso che la pubblicazione conferisca autorevolezza al gioco stesso; e non sto dicendo che, almeno sotto alcuni aspetti, lo faccia senza merito.
Ma proprio perché sappiamo bene che la porta dell’editoria può essere molto stretta, e che pochi autori al mondo ne traggono di che campare, per me il problema etico si pone sotto una luce leggermente differente: il punto non è la pubblicazione in sé, quanto la diffusione della propria opera.

Ammettendo che il mercato editoriale – come tutti gli altri – segua un certo trend ed imponga certi standard, non è altrettanto automatico che un’opera che si discosti da questi ultimi non meriti di essere diffusa; perché quasi certamente esisterà una nicchia di consumatori che, pur rimanendo economicamente non rappresentativa, apprezzerebbe moltissimo l’opera in questione.
E’ il caso di quel “Dead of Night” di cui ho avuto modo di parlare nel topic sui cooperativi; ma anche di molti altri bei giochi condannati a rimanere esclusi dai circuiti commerciali.

Ora, se è vero che il mercato non è morale né immorale – ma semplicemente funzionale – è anche vero che l’autore dovrebbe accettare pacificamente questa consapevolezza.
Inventare per divertirsi è già un traguardo.
Ma il pensiero di riuscire a diffondere il mio lavoro, in qualche modo, anche presso coloro che potrebbero apprezzarlo (e so che ne esistono) rimane il principale motore dei miei sforzi.

Internet offre molte possibilità, e a sua volta impone alcuni criteri.
Io focalizzerei l’attenzione su quei criteri, piuttosto che su altri.
So che, da inedito quale sono, la mia visione è parziale e forse a qualcuno verrà in mente la favola della volpe e l’uva; magari il mio trasporto ideale nasce dalla frustrazione, o magari no.
Resta il fatto che sono contento di poter stampare e ritagliare e poi giocare quello che amo.

"Ci sono almeno due tipi di giochi. Uno potrebbe essere chiamato finito, l'altro infinito. Un gioco finito si gioca per vincerlo, un gioco infinito per continuare il gioco. (…) Non c'è che un solo gioco infinito."

(James P. Carse – da "Giochi finiti e infiniti")