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  • #12051
    siddone
    Partecipante

    allora cosa dovrei fare per ottenere l’attenzione delle case editrici, perchè almeno guardino il prototipo prima di scartarlo? forse non dovevo lasciarmi scoraggiare dai primi 3 tentativi e provare ancora? forse devo scegliere in modo più accurato le case a cui rivolgermi? forse mi sono già risposto da solo?

    #12070
    Claudio77
    Partecipante

    siddone wrote:

    invento giochi da anni e ho un armadio pieno di prototipi anche se solo pochi sono quelli che salverei da un naufragio.

    ciao siddone, benvenuto! è straordinario come tu sia riuscito ad esprimere in 2 righe il mio pensiero di sempre!!!!

    mcuccia wrote:

    vedrai, quelli col camice bianco fanno miracoli con quelli come noi…

    Massimiliano mi spiace tanto deluderti, ho un camice bianco, a volte anche una divisa verde, ma purtroppo non c’è nulla da fare è una “malattia” con la quale ci si può solo convivere!!!

    Edit: typo

    Post edited by: Claudio77, at: 2010/01/23 11:01

    #12074
    mcuccia
    Partecipante

    siddone wrote:

    allora cosa dovrei fare per ottenere l’attenzione delle case editrici, perchè almeno guardino il prototipo prima di scartarlo?

    La prima cosa che ti direi è: presentalo ad altri editori.
    La seconda, a rischio di essere brutale come Paolo è: ma hai pensato che il tuo gioco necessita di essere migliorato?

    #12075
    plunk
    Partecipante

    Dall’alto della mia inesperienza vorrei partecipare a questa discussione.

    Ho avuto il piacere di presentare i miei poggetti a due differenti editori i quali si sono dimostrati disponibili.

    Il mercato editoriale italiano è molto povero e quindi si cerca sempre di rischiare il meno possibile.

    Si rischia poco se:
    – Pubblichi un gioco che ha avuto successo all’estero.
    – Rischi ancora di meno se pubblichi un gioco di un autore affermato.
    – Non rischi per nulla se pubblichi un evergreen.

    Se devi accettare il rischi lo fai per i seguenti motivi:
    – Stai facendo un favore all’amico di sempre.
    – I soldi con cui stai rischiando non sono i tuoi.
    – Quando il gioco che ti propongono i novizi è il gioco del secolo (raro).
    – Quando il gioco che ti propongono ha una componentistica che va al risparmio.
    – Quando stai per fallire e ti serve un miracolo.

    Ovviamente i miei riferimenti sono verso il mondo dell’editoria in generale.

    Una cosa che gli editori non comprendono a pieno in Italia è il potere della pubblicità e della propaganda locale e sociale.

    Ma questo è un’altro discorso :)

    L’autoproduzione e una strada che si può tentare ma in caso sei tu che accetti il rischio di fare un flop.

    #12076
    Izraphael
    Partecipante

    Bon, già che siamo in tema di brutalità dico anche la mia.
    Editori antipatici ce ne sono, editori sbrigativi pure, ma d’altro canto ci sono anche autori inesperti (o semplicemente meno esperti di quanto credano) che pensano di aver fatto il gioco del secolo, o anche banalmente un buon prodotto, e magari non è vero – oppure il prodotto è buono, ma necessita di limature, correzioni, modifiche ai materiali etc.
    Non ho MAI visto un editore prendere a calci un buon prodotto.

    Parlo proprio per esperienza diretta: mi sono trovato ad autoprodurre un gioco che magari aveva anche delle potenzialità come family game ma che ha subito i colpi di inesperienza, fretta, ignoranza.
    Ne è derivato un gioco mediocre, anche se molti, moltissimi casual gamers che ci giocavano me ne parlavano bene, anche se molte famiglie, alla prima partita e spessissimo con me presente lo trovavano davvero divertente.
    Anche se qualcuno l’ho venduto, diciamo abbastanza per andarci quasi in pari (dico “quasi” perchè l’esperienza, sebbene formativa, mi ha fatto perdere un sacco di tempo).

    Per carità, non ho detto che si tratta di un gioco *brutto*, semplicemente è un gioco incompleto: come materiali (non all’altezza dei prodotti editoriali), come regole (non del tutto in target), come bilanciamento e fluidità delle meccaniche.

    Parliamoci fuori dai denti: un autoprodotto difficilmente avrà gli standard qualitativi – a livello di materiali – di un gioco edito da chi ha mezzi maggiori. Difficilmente avrà playtest professionali, visto che la maggior parte dei test vengono fatti in fiera con persone non qualificate.
    Spesso la grafica è scadente, o meglio: è molto buona a livello amatoriale ma, se confrontata con prodotti di pari fascia del mercato editoriale se ne vedono subito i limiti.

    Le migliori autoproduzioni vengono fuori quando l’autore decide di fare l’editore vero e proprio, mettendo su una squadra, pagando professionisti (illustratori, grafici, addetti marketing) e spendendo quindi parecchi soldi.
    In qualche raro caso l’autore è anche un buon illustratore o un grafico, e può risparmiare facendo da sè parte del lavoro (ma anche questo è un costo, in termini di tempo)… e in ogni caso sono briciole rispetto ai costi di produzione.
    In soldoni: i casi di successo di autoproduzioni, che possono nascere da circostanze più o meno fortuite, si contano sulla punta delle dita di una mano.

    La storia degli editori stronzi è una palla, gli editori devono vendere i loro giochi, e quindi tenderanno sempre a prendere i giochi che per loro hanno maggiori chances.
    Gli editori sono anche umani: ce ne sono di antipatici, di bastardi e ci sono anche ottime persone. Non sono una classe di specializzazione di Rolemaster, sono persone.

    In quanto umani possono sbagliare, ma attenzione: per il lavoro che fanno, tendenzialmente conoscono cose (andamento del mercato, riscontri da parte del pubblico) meglio degli autori, o comunque su scala più larga.

    Come in qualsiasi rapporto umano, serve un pelo d’umiltà.
    Se un editore (o ancor peggio due o tre) dicono che il gioco ricorda altro, che la tal meccanica non funziona, che il tema non tira, è il caso di chiedersi perchè.
    Se tre professionisti che vivono di giochi non sono disposti a rischiare su quel prodotto, magari un motivo c’è. Ho diversi giochi “in cantina”, magari originali, magari per molti anche divertenti, ma difficilmente pubblicabili, o pubblicabili solo dopo un restyling di regole e ambientazione troppo grosso e lungo rispetto alla probabilità di pubblicazione.

    Poi, se uno vuole consapevolmente autoprodurre, se ha passato il momento d’entusiasmo e ha ben ponderato la scelta, se è sicuro che il suo gioco è bello, pronto, che non avrà bisogno di cambiamenti a regole, materiali etc può passare a stamparlo, distribuirlo e tutto il resto.
    Non dico che non si può autoprodurre, dico che è difficile e dispendioso autoprodurre bene.
    Inoltre, autoproducendo seriamente si diventa, di fatto, piccoli editori. Si deve aprire una partita iva, si devono pagare le tasse (oppure, brutto da dire, ma si diventa evasori fiscali), si devono fare i conti con i costi di distribuzione, e soprattutto si diventa concorrenti degli altri editori.
    E voi pubblichereste roba di un concorrente, portandogli soldi con cui proseguire l’attività che vi fa concorrenza?

    Altrimenti, l’autoproduzione può rimanere un hobby: benissimo, ma che sia chiaro che quello è (quindi no, un hobbista e Faidutti non sono allo stesso livello). In quel caso, parlare di “pubblicarsi da soli il gioco” è eufemistico.

    Scusate il tono ma questa discussione sembra picchiare proprio sui motivi per cui sono nati CDD e Giochi con l’Autore: informare sulla realtà del mondo autoriale, sfatando alcune leggende urbane.

    Marco Valtriani
    Red Glove Edizioni & Distribuzioni
    Lead Designer
    --
    Board Game Designers Italia

    #12077
    bigdrugo
    Partecipante

    sono d’accordissimo con Izraphael, aggiungo solo una banalità … in questo “mestiere” – “hobby” – “passione” la virtù migliore è la modestia.
    c’è sempre qualcuno che ne sa più di noi, e le critiche morbide o dure devono essere sempre come Costruttive e devono far sempre riflettere.

    #12084
    gabryk
    Partecipante

    Sono d’accordissimo con quanto detto, però una osservazione in merito a questa frase:

    Parliamoci fuori dai denti: un autoprodotto difficilmente avrà gli standard qualitativi – a livello di materiali – di un gioco edito da chi ha mezzi maggiori. Difficilmente avrà playtest professionali, visto che la maggior parte dei test vengono fatti in fiera con persone non qualificate.
    Spesso la grafica è scadente, o meglio: è molto buona a livello amatoriale ma, se confrontata con prodotti di pari fascia del mercato editoriale se ne vedono subito i limiti.

    C’è da dire che spesso (troppo spesso) i giochi prodotti da case editrici o cmq con “mezzi maggiori” non è vero che abbiano grandi standard qualitativi. A volte mancano dei pezzi, a volte sbagliano a stampare le carte e mettono nella scatola un foglietto con l’errata corrige, a volte sono talmente sbilanciati che ti chiedi chi li abbia provati (scimmie urlatrici?).

    Porto anche degli esempi tanto per accreditare quelle che sono solo parole: Twilight struggle, gioco bellissimo, pluripremiato e su cui quindi ci si poteva impegnare nella produzione con la sicurezza del successo nella prima versione è uscito con un tabellone che di fatto lo rendeva praticamente ingiocabile: fatto di carta sottile rispetto agli standard dei tabelloni, si alzava, si chiudeva, non stava mai fermo insomma. Hanno messo in commercio un nuovo tabellone, venduto da solo, allo stesso prezzo del gioco. Questo non è molto professionale. Cmq, alla seconda edizione hanno aggiunto il bel tabellone, e hanno aggiunto 6 carte, salvo poi sbagliarne 2. Fare 6 carte giuste non è che ci voglia una scienza… e invece no, fogliettino con errata corrige.

    Galaxy trucker: nelle 2 scatole che ho visto, una aveva un foglio di segnalini in più, l’altra in meno. 2 su 2.

    Ad astra: se un giocatore fa tutti i terraforming in fretta e usa le carte punteggio giuste vince di parecchie lunghezze. E non c’è santo, è proprio così. Chi cacchio l’ha testato sto gioco? E’ sbilanciatissimo!

    Tutto per dire che la gente che di mestiere pubblica giochi, non è detto che sia più professionale degli autoproduttori secondo me.

    #12088
    siddone
    Partecipante

    wow che valanga di commenti! non sono mai stato tanto preso sul serio in vita mia. :laugh:
    be’ in effetti il gioco che presentai allora oggi non esiste più, anzi è uno di quelli in fondo all’armadio. e probabilmente sono stato troppo frettoloso nel giudicare l’intera casta degli editori.
    dai, mi avete convinto: prima di provare l’autopubblicazione, proverò a fare qualche altro tentativo con gli editori, vediamo che cosa mi dicono stavolta.

    #12091
    Izraphael
    Partecipante

    @ Gabryk: Qui si rientra nel discorso sul lato “umano” degli editori, che possono sbagliare (così come possono sbagliare gli autori, gli impaginatori, i grafici, gli assemblatori delle scatole, i playtesters).

    Non ho detto che le produzioni professionali sono esenti da errori, dico solo che andare verso una professionalizzazione del settore può portare solo del bene (giochi migliori, giochi più in target = più diffusione).
    Nè dico che l’autoproduzione è “male” (Friedmann Friese si pubblica i giochi da solo, per dirne uno a caso, e lo fa abbastanza bene).
    Se uno ha le capacità, il capitale, l’inventiva, può fare autoproduzioni di tutto rispetto.

    “Tutto per dire che la gente che di mestiere pubblica giochi, non è detto che sia più professionale degli autoproduttori secondo me.”

    L’autoproduttore, e qui sta l’inghippo, PUBBLICA GIOCHI. I suoi.
    E deve farlo secondo le regole, e confrontandosi col mercato. Altrimenti non è un editore, ma uno che lo fa per hobby. Se lo fa per hobby, anche a livello autoriale non è un game designer, ma un “autore amatoriale”, o “aspirante autore”, fai te.

    Il tuo vicino di casa che prende una Canon Legria FS200, scrive, dirige e monta un cortometraggio con gli amici, è un regista? Lo paragoneresti mai a Tim Burton? E la sua produzione la metteresti mai a confronto con un film che esce nelle sale?
    Penso d’aver reso l’idea.

    @ Siddone: cerca di presentare il gioco agli editori che realmente potrebbero essere interessati. Portare un wargame di miniature alla Adlung è abbastanza inutile, ma anche presentargli un gioco di carte che usa 350 carte anzichè 55.
    Così come è una perdita di tempo proporre un gioco sportivo di carte alla Gigamic, o uno strategico militare alla Haba.

    Se conosci le case editrici e cosa pubblicano, è più facile che non ti seghino subito.
    Inoltre: inutile mandare il prototipo… Parlaci, e invia solo il regolamento (chiaro, mi raccomando, e magari illustrato) ed eventualmente, su loro richiesta, un pdf con materiali da stampare.

    Informati sugli standard di materiali, non è un obbligo ma rimanere entro certi limiti aiuta (questa cosa peraltro devi saperla bene se vuoi autoprodurti).
    Tieni conto che alle case editrici arrivano tonnellate di regolamenti e che spesso hanno il piano di pubblicazioni già bello pieno, ci vuole anche un po’ di fattore C e un bel po’ di pazienza.

    Sull’argomento, ti segnalo una lunga intervista a Andrea Angiolino sul sito di Creatori di Divertimento che penso possa esserti utile.
    (disclaimer: sono il presidente dell’associazione)

    Marco Valtriani
    Red Glove Edizioni & Distribuzioni
    Lead Designer
    --
    Board Game Designers Italia

    #12092
    gabryk
    Partecipante

    Una domanda che mi frulla da un po’: come si scrive ad una casa editrice? E’ meglio tenersi sul formale con tutti gli sbrodolii del caso tipo “Egr Ditta” o riferirsi direttamente ad una persona? Se si ha un nome (ad esempio qui sul forum c’è qualcuno della PS se non sbaglio) si è autorizzati a riferirsi direttamente a quella persona (nel caso di questa del forum anche dandogli del tu?)?

    Insomma voi che modello seguite per presentare un gioco e chiedere se interessa?

    #12093
    Khoril
    Moderatore

    Le guide qui sul sito, anche quella della post scriptum mi pare, danno utili indicazioni

    #12108
    Izraphael
    Partecipante

    gabryk wrote:

    Insomma voi che modello seguite per presentare un gioco e chiedere se interessa?

    Beh, dipende dal grado di confidenza che hai con l’editore, ma tendenzialmente la presentazione del progetto dev’essere seria, concisa e chiara.
    Troppi formalismi secondo me sono inutili, ma bisogna sempre avere il dovuto rispetto (nei confronti della persona in quanto tale, non in quanto editore) e la giusta dose di umiltà.

    Marco Valtriani
    Red Glove Edizioni & Distribuzioni
    Lead Designer
    --
    Board Game Designers Italia

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