Miglior Gioco Inedito: lupigi intervista lupigi

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  • #2075
    Lupigi
    Partecipante

    Esclusivo!
    Il nostro lupigi intervista in esclusiva per IdG il presidente della giuria del concorso per il Miglior Gioco Inedito di Lucca Comics & Games!
    Cioè, intervista – incredibile! – se stesso! Grandi risate! Ah! Ah! Ah! Ora basta ridere.

    D: Allora, com'è andato quest'anno il concorso?

    R: Sembra un luogo comune, una frase di circostanza, ma quest'anno il concorso è andato molto bene. La partecipazione è stata nella norma (poco più di una trentina di candidati, in linea con il trend degli scorsi anni), sia dall'Italia che dall'estero. Però, al di là dei numeri, la cosa più interessante da rilevare è la qualità media dei prototipi ricevuti, decisamente alta. Bravi tutti, insomma. Ma più bravi ovviamente quelli che si sono distinti, e naturalmente il vincitore.

    D: Ci parli dei finalisti?

    R: Dai, era proprio quello che speravo mi chiedessi! Credo che l'aspetto più interessante del concorso per gli utenti di IdG sia la possibilità di esaminare i meccanismi ludici che la giuria ha ritenuto più interessanti. Sia ben chiaro che alla giuria non è interessato tanto cercare l'originalità delle meccaniche, quanto piuttosto come queste siano state amalgamate per rendere il gioco sia interessante che funzionante.
    Vediamoli allora nel dettaglio, questi finalisti. Partiamo dal vincitore, “Develop of forest” di Chang Kong. Ecco, questo è un esempio veramente lampante di come la qualità di realizzazione del prototipo non incida minimamente nella valutazione. Ci è arrivato un prototipo talmente minimalista da sembrare fasullo, a partire dalla stampa su carta semplice imbustata (in bustine leggere).
    25 carte stampate su fogli verdi e con scritto sopra un numero in Times New Roman.
    25 carte da un lato nere e dall'altro bianche (con solo stampato il simbolo “⌂”, unicode 2302, cioè: nemmeno lo sforzo di cercare un font grafico).
    55 carte completamente bianche, eccetto che per alcuni pallini bianchi, neri o verdi stampati in alto a sinistra (dove i pallini verdi sono ottenuti con un pennarello, essendo la stampante dell'autore evidentemente in bianco e nero).
    5 carte con simbolo colorato e il retro in cartoncino (non il cartoncino bristol, bianco e splendente, ma il cartoncino ruvido grigio-marrone, quello che sta sull'ultima pagina dei bloc notes quadrettati).
    La descrizione non rende l'idea, davvero.
    Aggiungiamo che la traduzione del regolamento è stata fatta dal cinese in una lingua misteriosa che forse potrebbe sembrare inglese. Per capire che la parola “solider” ripetuta più volte nel regolamento significava “soldier” abbiamo dovuto faticare. Anche per capire il titolo del gioco abbiamo fatto fatica. Perché “develop of forest” in inglese non significa nulla. Se cercate online vedrete che il titolo è stato riportato con almeno 4 nomi diversi (“Develop or forest”, “Develop of the forest”, ecc.). E nessuno di essi probabilmente ha a che fare con l'ambientazione.
    Ecco, di fronte a tanto orrore estetico, questo è il gioco che ha vinto. Il meccanismo infatti è di una tale limpidezza che si spiega in pochi secondi, ma apre strategie piuttosto profonde: ogni giocatore appartiene segretamente alla multinazionale deforestratrice bianca o alla multinazionale deforestatrice nera (o alla squadra verde, che è in minoranza e gioca per salvare la foresta). Ad ogni turno si lotta per decidere chi controllerà una casella di una griglia 5×5. Ognuno ha 11 carte in mano con valori da 1 a 4 nei vari colori, e ad ogni turno ne gioca due coperte: tutti rivelano le carte e si guarda quale colore vince: la casella diventa quindi bianca o nera di conseguenza. In caso di pareggio o di vittoria verde, la foresta rimane tale. Quando tutti rimangono con 3 carte in mano, le passano al giocatore successivo in senso orario, quindi ripescano i loro scarti. Vince la squadra che per prima fa un tris del suo colore sulla griglia (o vince il verde se nessuna squadra prevale).
    E' davvero tutto qui. Provate a riflettere su quanto sia difficile far funzionare un gioco così semplice.

    D: Va bene, abbiamo capito. E gli altri due finalisti?

    R: Belli, anche gli altri due. “Jungle Brunch” di Luca Bellini e Luca Borsa è talmente ben realizzato graficamente da sembrare già pubblicato! Il gioco è un trick-taking con un interessante twist: si giocano due carte per volta, una coperta e una scoperta. Ogni carta raffigura un animale, e ogni animale mangia cose diverse (compresi eventuali altri animali); ci sono quindi interessanti dinamiche di bluff e azzardo. Dinamiche che sono il punto di forza del gioco, ma purtroppo anche il suo piccolo punto di debolezza: la mancanza di controllo, sia tattico che strategico. Il gioco rimane comunque molto valido, e lo vedrei bene, per esempio, nel catalogo Amigo.
    “Evolution” di Walter Nuccio è un gioco con meccaniche di deck building molto interessanti: si collezionano carte di vari colori per far evolvere i propri animali, con l'obiettivo di arrivare per primi a “produrre” un essere umano. Innovativo il meccanismo delle carte “libere” e “obbligate” con un massimo di tre colori esposti, che ricorda sia “Coloretto” che “Can't Stop!”. Purtroppo il gioco risente probabilmente del poco tempo a disposizione avuto per lo sviluppo, perché alcune carte non sono perfettamente bilanciate e si possono presentare situazioni di stallo, in cui un giocatore è tagliato fuori dal gioco in modo definitivo.

    D: Eh già, il problema del poco tempo a disposizione non è mica un problema da poco!

    R: Ma per l'anno prossimo è stato risolto! Il tema è già stato reso noto, ed è, per chi ancora non lo sapesse, “La fine del mondo”.
    Il bando non è stato ancora pubblicato, ma lo sarà presto, e sarà comunque del tutto analogo a quello degli ultimi anni (doppio mazzo, 10.000 battute). Unica differenza: sarà possibile avere anche i dorsi delle carte in quadricromia. Negli ultimi anni infatti il gioco vincitore è sempre stato pubblicato con i dorsi in quadricromia; quindi non ha davvero più senso richiedere che siano monocromatici.

    D: Per concludere, qualche consiglio per chi vuole partecipare l'anno prossimo?

    R: Ben volentieri! Vuoi partecipare al Gioco Inedito 2012? Allora…

    Introduci scelte di gioco interessanti.
    Cerca di inserire l'innovazione in un contesto familiare ai giocatori.
    Prova il gioco per verificare che funzioni davvero.
    Fai provare il gioco a un gruppo ignaro.
    Il gruppo ignaro deve capire il funzionamento del gioco solo leggendo il regolamento.
    Asciuga il gioco dal superfluo finché non rimane la vera ossatura del meccanismo.
    Se stai stretto nel limite delle battute, significa che il gioco non è stato abbastanza asciugato.
    Evita i meccanismi "pesca e gioca": ci deve essere controllo sul flusso del gioco da parte dei giocatori.
    Chiediti onestamente se il tuo gioco sia divertente da giocare più di quanto non lo sia stato scriverlo.

    Bene, adesso fate copia e incolla del paragrafo precedente, stampatene una copia in corpo 90 e appendetela sopra alla vostra scrivania.

    D: Noto che hai ribadito molto il concetto di “asciugare” il meccanismo…

    R: E' essenziale che in un gioco di carte le meccaniche siano essenziali ed eleganti. Ci sono un paio di esempi di giochi recenti che sono l'evidente frutto di un lavoro di asciugatura dei meccanismi fino all'osso, fino all'atomo ludico vero e proprio che ci sta sotto. Il primo è “The City” della Amigo, un gioco che prende il meccanismo di “San Juan” e di “Race for the Galaxy” e toglie tutta la sovrastruttura lasciando solo il gioco vero e proprio (che adesso ha solo 2 pagine di regole!). Il secondo esempio è “Paris Connection” della Queen, che è semplicemente l'ossatura di base di tutti i giochi ferroviari “à la 1830”, con tutta la sovrastruttura nascosta nelle dinamiche di piazzamento. Credo che gli aspiranti autori debbano studiare questi esempi e farne tesoro: io (uscendo dai panni del giurato, e indossando quelli dell'autore) ci provo continuamente, ma l'impresa è veramente dura!
    Non sono un esperto di moda, né tantomeno di eleganza, ma credo che si possa applicare anche ai giochi la famosa frase di Coco Chanel che consigliava a chi volesse essere elegante: “Prima di uscire, guardati allo specchio e togli qualcosa”. E se provassimo ad applicare davvero questa “regola” alla progettazione di giochi?

    D: Grazie, bella intervista.

    R: Grazie a te, belle domande.

    #23370
    XtremeGame
    Partecipante

    Ho letto con particolare interesse la descrizione dei finalisti e anche i consigli dati…Grazie! bella intervista e utile iniziativa per chi ha partecipato questo anno e per chi parteciperà nei prossimi.  Per me personalmente era la prima volta e credo che ci riproverò anche il prossimo anno =)

    Premesso un “congratulazioni!!” ai finalisti per aver presentato dei giochi che la giuria ha stabilito essere migliori degli altri,
    mi permetto di esternare la mia unica perplessità; (ATTENZIONE!!) non una critica o contestazione del verdetto della giuria MA una mia semplice perplessità, con l'intento di presentarvi un gioco migliore il prossimo anno =)
    Perplessità:
    Come mai 2 giochi finalisti su 3 non hanno una vera e propria attinenza con il tema “Jungla” da voi proposto??  mi spiego meglio. il vincitore non ha propriamente a che fare con la jungla ma con una più generica foresta, legata poi non agli animali tipici della jungla ma al disboscamento, alle multinazionali, ai palazzi, alle aste, etc che sinceramente mi paiono un pò estranee al tema.
    Anche Evolution , sebbene parta dagli animali per poi arrivare all'uomo, non ha una vera e propria attinenza con la Jungla ma tratta besì di generiche forme di Vita e la loro evoluzione, fino ad arrivare all'uomo che non è proprio la tipica forma di vita della Jungla.
    Solo il vincitore del side award mi sembra avere un buon legame con il tema da voi proposto/imposto quest'anno, almeno per quanto concerne il background e alcune meccaniche.
    Personalmente avevo presentato un gioco con un background simile al vincitore del side award cercando di attenermi più possibile al tema dato; ho puntato a creare un gioco con meccaniche strettamente legate al tema e dinamiche che rendessero bene l'atmosfera della jungla; ho invece scartato altre idee che mi sembravano un pò slegate dal tema.
    La mia scelta di focalizzare il gioco sulla fauna tipica della jungla non era ovviamente l'unica possibile, ma i vincitori mi sembra che non abbiano proprio a che fare con la JUNGLA che è (per quanto ne so io) un preciso ambiente naturale localizzato in poche aree del pianete, fortemente caratterizzato da un certo tipo di fauna, flora, stereotipi, letteratura che non coincidono con quelli di una generica foresta. 
    La tua descrizione dei vincitori mi ha portato dire: Ma allora il tema non è poi così restrittivo come mi sembrava!! perciò il prossimo anno anche io potrò presentare qualcosa di un pò più estraneo alla “fine del mondo” , essendo (dalla giuria) l'attinenza tra ambientazione&meccaniche/dinamiche meno considerata rispetto al gioco in sè……o sbaglio?

    faccio tesoro di questa esperienza e ti ringrazio ancora per l'intervista e per la tua risposta (che sperò riceverò) indipendentemente da quale sarà.

    #23374
    Lupigi
    Partecipante

    La tua descrizione dei vincitori mi ha portato dire: Ma allora il tema non è poi così restrittivo come mi sembrava!! perciò il prossimo anno anche io potrò presentare qualcosa di un pò più estraneo alla “fine del mondo” , essendo (dalla giuria) l'attinenza tra ambientazione&meccaniche/dinamiche meno considerata rispetto al gioco in sè……o sbaglio?

    Beh, il tema è sempre stato interpretato, finora, come una linea guida vincolante, ma fino a un certo punto. Nei finalisti di quest'anno ci sono almeno alcuni collegamenti, quali per esempio gli animali, o le foreste. Più difficile sarebbe stato giustificare un gioco che non avesse proprio niente a che vedere con il tema… tipo un gioco sugli aeroporti o sui castelli medievali! Avremmo invece considerato valida l'interpretazione urbana di “jungla d'asfalto”, come col tema di qualche anno fa, “15 minuti”, dove abbiamo assai apprezzato (almeno nell'interpretazione del tema) il gioco in cui c'erano 15 nanetti!

    #23377
    Khoril
    Moderatore

    grazie per l'articolo

    #23390
    Psyco_alex
    Partecipante

    Interessante!! Grazie di aver condiviso.
    Peccato il concorso sia solo per giochi di carte… Sto giusto lavorando, senza saperlo, ad un gioco sulla “fine del mondo” :-)

    #23396
    bellalli
    Partecipante

    … Sto giusto lavorando, senza saperlo, ad un gioco sulla “fine del mondo” :-)

    il fatto che tu “stia lavorando ad un gioco SENZA SAPERLO” lo renderà assolutamente imprevedibile
    (ovviamente scherzo …ma non ho resistito a commentare questo doppio senso)

    l'evoluzione non si può fermare ...al massimo la puoi prendere a colpi di clava per vedere se rallenta.

    #23397
    Psyco_alex
    Partecipante

    Bellalli… ce stava tutta… :-)

    #23480
    Erebus
    Partecipante

    Premetto che non ho partecipato al concorso, quindi non sono “di parte”, ma vorrei esprimere un'opinione su quanto scritto nell'articolo e in un commento, e quello che vedo della situazione ludica italiana.

    Se in un concorso a tema il tema viene troppo “interpretato” e alla fine non viene comunicato, in pratica tanto vale non averlo.
    Io ho partecipato in passato a concorsi di idee in altri ambiti professionali (architettura, design, grafica), e con tutti i loro difetti (meno del 50% delle volte vince qualcuno che non sia in qualche modo “legato” agli organizzatori, anche se questa è una pratica scorrettissima) solitamente il tema del concorso DEVE essere seguito, non solo a grandi linee, ma deve essere “comunicato” efficacemente, altrimenti vieni escluso a priori.

    Nell'ambito ludico io penso che si sia andato un po' troppo dietro, specie in Italia, ai giochi “alla tedesca” e soprattutto a quelli di una certa tradizione minimalista, tradizione per cui non importa la tematica del gioco, quanto la meccanica.
    A mio avviso (e ripeto è solo un'opinione personale di gusto), un gioco ben fatto divide la sua giocabilità fra tematica e meccanica al 50%.
    Un concorso di questo tipo, se “lancia” un tema, deve poi testimoniare che il tema venga in qualche modo BEN COMUNICATO dal gioco vincitore. Se il gioco vincitore non lo comunica, ma è principalmente valutato in base alla meccanica, allora uno può prendere QUALSIASI gioco e appiccicargli sopra un tema.

    Faccio un esempio: prendo descent, vesto gli eroi da boscaioli, e trasformo le grotte in meandri di una giungla. Al posto dei mostri metto le belve, et voilà ho fatto il gioco sul tema?
    Meglio ancora, il tressette con le belve al posto dei semi delle carte.

    Alla lunga, a mio avviso, questo modo di interpretare i giochi all'italiana copiando dai tedeschi (che per quanto un grande popolo in tante cose in fantasia a noi “ce fanno un baffo” onestamente), e quindi dando molto più peso alla meccanica che alla tematica, è deleterio per il parco creativo italiano, ed è una tendenza che si ribalta anche sugli editori poi, sugli organizzatori degli eventi e in generale sul mercato italiano del gioco, che alla fine manca di vera innovazione e creatività.

    Certo è solo la mia opinione basata sul mio gusto, il gusto di qualcuno che quando GIOCA un GIOCO vuole DIVERTIRSI, e quando ha finito vuole sentire di aver passato del tempo facendo qualcosa che lo ha soddisfatto e gli fa venire voglia di giocarci ancora. Ci sono altri giocatori che cercano invece la sfida pura, la meccanica “perfetta”, o altri che giocato un gioco lo buttano via ed avanti un altro.
    Esistono tanti tipi di giocatori, ovviamente, ovunque.
    Però se la comunicazione, anche a livello dell'organizzazione degli eventi, è che gli italiani nel settore dei giochi si adeguano alle mode, invece di crearle, non abbiamo nessuna speranza di proiettarci in avanti e far crescere il settore anche in italia.
    E questo ve lo dico da professionista del settore (comunicazione intendo, e pubblicità): se ci si accoda agli altri, e non si migliora e crea qualcosa di unico, il settore resta stagnante.

    Altro problema, non correlato al tema di cui stavo parlando, ma che secondo me c'entra in qualche modo, è anche una certa mentalità negativa che noto negli italiani, dagli autori agli editori ai critici/giocatori.
    Questa mentalità porta ad essere IPERCRITICI (è un difetto tipico italiano), poco costruttivi, e spesso a farsi degli “sgambetti” (con recensioni negative, seminando “l'odio” verso il gioco del “rivale, etc.).
    Questa stessa mentalità mina il settore del gioco italiano, perchè non importa quanto ben fatto o figo sia un gioco (o un qualunque prodotto), se viene comunicato male, criticato da chi dovrebbe appoggiarlo, non “rispettato” dai concorrenti, difficilmente riuscirà ad imporsi realmente.

    Quello che ci salva spesso è la critica straniera, che è più oggettiva e meno influenzata “internamente”, ma dovremmo imparare a fare da motore POSITIVO di critiche ai giochi italiani, agli autori, ed anche ad uno “stile” magari un po' diverso da quello “tedesco”, e un po' più italiano.

    Gio

    p.s.: anche se potreste pensarlo, quello che scrivo non è legato a mie PERSONALI esperienze nel mondo del gioco, dato che principalmente mi occupo della grafica degli stessi, ma alle cose che ho visto in questi ultimi anni, seguendo manifestazioni, autori di giochi, concorsi e in generale il mondo del gioco.

    Grafico, Illustratore, Web Designer, creatore di boardgames e Giochi di ruolo - TOSCANA
    http://www.erebus-art.com/[/url]
    Illustrazioni: http://erebus74.deviantart.com/gallery/[/url]

    #23489
    Claudio77
    Partecipante

    Ho trovato il post di lupigi molto interessante (certo, anche dal punto di vista psichiatrico…ma vabbè^^) (scherzo, naturalmente), soprattutto per l'ultima parte con gli esempi di regolamento.
    Non conosco quello sui treni, ma “The City” si, mi incuriosiva come Thomas “Race for the Galaxy” Lehmann fosse riuscito a semplificare la sua creatura più nota.

    Per chi non lo conosce, il gioco è un filler leggerissimo e velocissimo per famiglie, senza strategie stratosferiche e senza interazione tra giocatori, ma effettivamente ha il pregio di ruotare in maniera solida attorno ad una idea, ben sviluppata. Qui trovate le regole di cui parlava lupigi (in tedesco):
    http://www.amigo-spiele.de/artikel-101900.html
    Su BGG trovate anche il prototipo delle regole in inglese e – soddisfazione della giuria di lucca – sono addirittura contenute in UNA pagina, immagini escluse!
    http://boardgamegeek.com/boardgame/103649/the-city

    Per il discorso sulle tematiche, effettivamente anch'io sono rimasto un po' sorpreso, specialmente ricordando le passate edizioni: ma probabilmente alla luce di quanto scritto, il vincitore del “Nessun Dorma” avrebbe vinto sia con un gioco su Puccini che sulle miscele di caffè (o dei turni in ospedale…).

    Questo mi fa pensare al nuovo tema 2012…”la fine del mondo”…probabilmente, andrebbero ugualmente bene un gioco sulla mitologia del capo Finisterre in Spagna (Finis Terrae), o un gioco di esplorazione dei bordi di un mondo piatto (tipo il Discworld di Terry Pratchett), oltre che il classico mondo distrutto da una guerra nucleare, gli zombi piuttosto che far impersonare ai giocatori i quattro cavalieri dell'apocalisse intenti a radere al suolo i continenti…

    uhm interessante quest'ultima…quasi quasi la sviluppo.
    Saluti!
    C.

    #23497
    Lupigi
    Partecipante

    Se in un concorso a tema il tema viene troppo “interpretato” e alla fine non viene comunicato, in pratica tanto vale non averlo.
    […]
    Nell'ambito ludico io penso che si sia andato un po' troppo dietro, specie in Italia, ai giochi “alla tedesca” e soprattutto a quelli di una certa tradizione minimalista, tradizione per cui non importa la tematica del gioco, quanto la meccanica.
    A mio avviso (e ripeto è solo un'opinione personale di gusto), un gioco ben fatto divide la sua giocabilità fra tematica e meccanica al 50%.

    Qualche anno fa si parlava di “italian style” nella creazione dei giochi, citando per esempio Bang! o La guerra dell'Anello come classici esempi di perfetta interazione tra tematiche e meccaniche.
    Magari ci fossero giochi così!
    In realtà più spesso succede che ci sia una tematica molto forte appiccicata su un gioco che non funziona, oppure un gioco funzionante ma completamente astratto.
    Se guardi i passati vincitori dell'Inedito, mi sembra che la giuria abbia sempre cercato di premiare giochi che sapessero coniugare originalità e fluidità delle meccaniche con l'ambientazione.
    Quando non c'erano giochi di questo tipo in concorso (e a volte capita, perché fare un bel gioco nel senso che intendi tu mica è facile!), si è scelto di privilegiare l'aspetto delle meccaniche piuttosto che quello dell'ambientazione.
    Questo non per sudditanza verso il mercato tedesco o per il modo tedesco di fare giochi, ma banalmente perché un gioco funzionante ma astratto è meglio di un gioco ben ambientato ma non funzionante.

    E' una scelta opinabile, forse, ma non ci sembra sbagliata. Per vari motivi.
    Il primo è che il premio del concorso (la pubblicazione professionale) dovrebbe servire da “biglietto da visita” per autori che vogliano farsi prendere in considerazione da editori (anche internazionali). Se il biglietto da visita comunica la cosa sbagliata (“sono un autore che fa giochi belli da vedere ma poco divertenti”), forse non si raggiunge l'obiettivo.
    Secondariamente, non bisogna dimenticare che c'è un partner (dV Giochi) che collabora alla realizzazione del prodotto finito e spesso lo inserisce in catalogo se lo ritiene adatto al mercato. Mercato che è fatto anche di partner esteri, e quindi segue logiche che spesso privilegiano le meccaniche ben oliate alle belle ambientazioni su giochi non perfettamente funzionanti.
    Infine, la giuria vuole far crescere gli autori di giochi: viene spontaneo buttarsi sull'ambientazione tralasciando il test dei meccanismi, e infatti ci arrivano ogni anno diversi giochi tipo “pesca e gioca”, in cui è fortissima la parte tematica ma il meccanismo non gira. Se si è battuto tanto sulla necessità di avere giochi funzionanti, è anche perché la maggior parte degli aspiranti autori negli anni scorsi aveva difficoltà proprio in questo senso.

    Poi, volendo, possiamo fare qualche esempio con i passati vincitori…
    Partiamo dall'inizio: Lucca città è un gioco tedeschissimo, ma ciononostante è ben ambientato. La qualità del prototipo era una spanna superiore a tutti gli altri giochi in concorso nel 2004, e il risultato si è visto perché il gioco è uscito in 14 lingue, compresi il coreano e l'israeliano, ben recepito da un numero impressionante di partner stranieri.

    Poi, FATAL. Questo gioco privilegiava l'ambientazione, perché le meccaniche – pur perfettamente funzionanti – erano assolutamente “non tedesche” (gioco troppo complesso per essere un doppio mazzo di carte). E infatti è un gioco che poi è stato sfruttato assai per tentare di espandere il settore verso settori “adiacenti”, quali la musica, la narrativa, ecc., con il progetto di http://www.fatal.it, decisamente più legato alle ambientazioni che non alle meccaniche.

    Borneo e Amerigo sono giochi con meccaniche innovative e oliatissime (e che assolutamente non erano fuori tema per il concorso), Turandot è un solidissimo filler fortemente legato all'ambientazione, Ka-Boom è un bel gioco che però non funzionerebbe nello stesso modo se differentemente ambientato; infine The Gang è un gioco molto astratto: l'ambientazione contribuisce a renderlo meno “freddo”, ma non è troppo legata alle meccaniche.
    Stesso discorso per il vincitore di quest'anno.

    Come vedi, non c'è una linea unica: un gioco si impone come vincitore per la “forza” delle sue caratteristiche, che possono essere legate alle meccaniche, all'ambientazione, o (caso ottimale) alla perfetta integrazione tra le due…

    Invece, sulla mentalità ipercritica e sulla tendenza italiana a fare ciascuno la propria agguerrita parrocchietta, non posso che concordare appieno con quanto dici. :-)

    #23498
    Khoril
    Moderatore

    ci tengo ad aggiungere un commento positivo sul fatto che per l'anno prossimo il tema è stato rivelato con enorme anticipo. in questo modo non ci saranno solamente un paio di mesi di lavoro a disposizione.

    #23501
    Erebus
    Partecipante

    Ma infatti la mia non voleva essere una critica ma un'occasione di discussione, e vedo con piacere che comunque anche voi avete tenuto presente entrambi gli elementi che formano un gioco.
    Anche per me la meccanica deve funzionare, infatti ho detto 50 e 50 dal mio punto di vista.
    Poi specifico che è anche questione di gusti: a me gli scacchi non hanno mai entusiasmato ad esempio, per la troppa astrazione e il troppo calcolo, ad altre persone invece piacciono tantissimo.

    Mi piacerebbe solo che “educassimo” tutti assieme editori, giocatori, inventori e quant'altri ad apprezzare tutte le sfumature dei giochi, e non farne invece una questione di principio (come chi inorridisce al pensiero che un gioco possa essere profondo anche usando dei dadi).

    Tra l'altro, prendo spunto dal tuo ultimo commento, per un'altra riflessione: il mercato del gioco.
    Il mercato, come tutti i mercati, è influenzato principalmente proprio dagli stessi editori/distributori e negozianti. Sarebbe influenzato dalal pubblicità/comunicazione, ma questa è quasi sempre molto scarsa nel nostro ambito purtroppo, vuoi per mancanza di soldi, vuoi per mancanza di voglia di spendere per spingere un gioco.

    Se proviamo a pensare ai potenziali acquirenti di un gioco, penso si possano dividere in 5 categorie:
    appassionati: conoscono i giochi, leggono le recensioni, studiano un gioco prima di comperarlo.
    Competitivi gamers che giocano solamente in modo estremamente competitivo, e per cui il gioco in se non interessa quanto che sia bilanciato e possa essere giocato competitivamente
    settoriali: conoscono principalmente un tipo di gioco (alcune rare volte un solo gioco), tutte le altre meccaniche non gli piacciono e sono ipercritici verso qualsiasi novità.
    gamers generici: conoscono un po' i giochi, gli piace giocare ai boardgame e vengono influenzati dai suggerimenti altrui su cosa comprare
    casual gamers: in questa categoria rientrano dal giocatore che gioca ogni tanto e compra prodotti “pubblicizzati” in fiera o al supermercato, a quello che non gioca mai e compra il “giocone” (monopoli) perchè sta al supermercato e deve fare un regalo di Natale.

    La categoria “appassionati” viene influenzata principalmente dai siti specializzati, recensioni, consigli di altri gamers, forums, etc.

    I “competitivi” sono dei fanatici della competizione, giocano ai giochi più giocati perchè così ci sono tornei, competizioni, etc. Non gli interessa troppo com'è il gioco, quindi anche loro sono difficili da influenzare direttamente. Ovviamente il gioco deve funzionare ed essere bilanciato altrimenti la competizione è fallata.

    I “settoriali” sono talmente fanatici del loro settore che è inutile anche solo cercare di influenzarli: al max comprano qualche cosa che è una variazione del loro settore/gioco.

    I “gamers generici” vengono influenzati da dimostrazioni, pubblicità, consigli di amici, e in generale “l'hypen” che viene creato sul gioco: seguono la massa in genere, non avendo conoscenze specifiche.

    I “casual gamers” scelgono più o meno a casaccio: se sono ad una fiera vengono anche loro influenzati da dimostrazioni, cartelloni, immagini che colpiscono, simpatia dell'autore, etc. Al supermercato dipende dalla scatola, se hanno già sentito il nome (pubblicità) e da dove è posizionato il prodotto (scelta del supermercato).

    Mi fermo qui nell'analisi perchè diventerebbe molto complessa, anche se sto personalmente facendo una mini ricerca su questi argomenti, però si possono già dedurre alcune cose:
    – la categoria più influenzabile attraverso un “buon gioco” è quella degli appassionati (e indirettamente quella dei competitivi, dato che saranno “costretti” a giocare i giochi più gettonati/giocati dagli appassionati, per poi “massacrarli” (almeno così la vedono loro) nelle partite che giocano con maggiore razionalità e minore entusiasmo.

    – Le categorie più influenzabili attraverso il marketing sono quella dei casual gamers e dei gamers generici. Nel marketing rientrano dimostrazioni, grafiche, cartelloni, pubblicità, e tutte le forme di “spinte” mediatiche che si possono ottenere, inclusi ad esempio i giochi tratti da film/videogiochi/libri.

    Concentrarsi su pochi tipi di prodotto, spinge invece a concentrare l'attenzione di editori e distributori sulla categoria “settoriale”, quella più difficilmente conquistabile e modificabile. Questo crea un mercato “viziato” e che non segue realmente le regole del mercato.

    Non è facile da spiegare a parole e spero di non avervi confuso ulteriormente, ma in pratica ciò che gli editori e distributori “spingono” in maniera conscia o inconscia, non è ciò che realmente vuole il mercato, ma ciò che loro CREDONO che voglia il mercato. Discutono tra di loro (editori con editori, distributori con editori, etc) e con un po' di autori famosi, e decidono alla fin fine consciamente o meno che “quel tipo di gioco è buono per il mercato, quell'altro no”, e soprattutto analizzano le VENDITE. Questo anche in barba ai reali gradimenti dei giochi.
    Il problema è che le vendite sono influenzate da loro stessi molto più che non realmente dai compratori potenziali.
    Mi spiego: se io ho il monopolio del mercato del gioco, e creo solamente giochi di corse di papere basati sulla meccanica del tiro di dado, tenderò a spingerli consciamente e inconsciamente, e li farò diventare famosi e farò giocare la gente a quello. Se poi analizzerò le vendite, le voci dei distributori e negozianti, scoprirò che “il gioco della papera” è quello che va per la maggiore, e ne creerò altri.
    Questo non vuol dire che la gente in realtà non apprezzerebbe di più/comprerebbe un altro prodotto, ma semplicemente che ho viziato il mercato.

    A cosa porti quest'analisi di preciso ancora non lo so, dato che io mi occupo di comunicazione e pubblicità in altri settori e non sono un esperto di marketing (anche se indirettamente me ne occupo), però un elemento che se fossi un editore/distributore analizzerei di più, sono i giochi “fuori dal coro” che riescono a vendere e diventare famosi, e le meccaniche attraverso cui sono diventati famosi.
    Applicherei poi tali meccaniche al mercato italiano per influenzarlo, invece di adattarmi alla corrente e pubblicare “quello che tutti vogliono” e che probabilmente continuerà a vendere seguendo il trend (negativo) del mercato italiano.

    Beh, ho straparlato abbastanza per oggi :D

    Buon lavoro a tutti!

    Gio

    Grafico, Illustratore, Web Designer, creatore di boardgames e Giochi di ruolo - TOSCANA
    http://www.erebus-art.com/[/url]
    Illustrazioni: http://erebus74.deviantart.com/gallery/[/url]

    #23592
    yuiop
    Partecipante

    @Erebus: come darti torto? Direi anzi che il tuo discorso è ben più generale e va ben oltre al settore dei giochi in scatola.

    @Lupigi: ci daresti anche qualche informazione sul criterio con cui viene giudicata la grafica, per il side award?

    #23605
    Lupigi
    Partecipante

    @Lupigi: ci daresti anche qualche informazione sul criterio con cui viene giudicata la grafica, per il side award?

    Brevemente, ci sono vari criteri (non in ordine di importanza):
    – grafica delle carte funzionale alla giocabilità (simboli, layout, ecc. disposti in modo da rendere semplice giocare e consultare le carte);
    – belle illustrazioni (cioè: disegni fatti bene e colorati in modo adeguato);
    – stile di illustrazione coerente con il tipo di gioco (cioè: niente grafica umoristica se il gioco è Arkham Horror).

    #23618
    yuiop
    Partecipante

    Sarebbe molto interessante vedere qualcuno dei prototipi che vi arrivano :)

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