Architettura a 3 livelli

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  • #1502
    mcuccia
    Partecipante

    I modi di inventare sono sempre i più disparati, lo scorso articolo ho parlato delle dinamiche che (forse) sono una sorta di Italian Style del design.
    Oggi invece parlo di architettura dei giochi. Forse si può inventare un gioco partendo dalla sua architettura?

    Che intendo per architettura? l'architettura è costituita dai modi in cui i giochi offrono interazione ai giocatori, col gioco stesso e con i giocatori.
    Cerco di spiegarmi meglio con un esempio.
    Le risorse di coloni di catan consentono di ottenere colonie, questo è parte dell'architettura. Le colonie e le città sono punti, ma anche modi per ottenere risorse, anche questo è parte dell'architettura.
    L'architettura che potete ammirare nell'immagine allegata è stata catturata da Mike Compton (neo edito con The Heavens of Olympus).
    Traccia un modello di architettura valido per diversi giochi (Coloni di catan e Puerto Rico in testa).

    Quella è una architettura a 3 livelli, nel livello 1 ci sono le risorse primarie (in Puerto Rico costruzioni, piantagioni e lavoratori), tramite degli alpha node è possibile trasformare le risorse primarie in risorse secondarie (merci e denaro). Le risorse secondarie possono essere, a loro volta, trasformate in risorse terziarie (punti spedizione, costruzioni e denaro) tramite dei beta node.
    Gli alpha node e i beta node possono essere anche dei semplici punti di scelta.
    Da ogni livello ci possono essere delle ricadute verso i livelli sottostanti dovuti ai feedback (ad esempio le costruzioni di puerto rico possono fare ottenere risorse secondarie).
    Compton differenzia il tipo di feedback che può avvenire: può essere interno (generato dallo stesso giocatore) o esterno (generato dal gioco o dagli altri giocatori).

    Il diagramma è tutto da studiare, potete provare anche ad applicarlo ad altri giochi e vi darà soddisfazione! Ovviamente non potrete applicarlo a qualsiasi gioco. Quindi il consiglio di leggere gli articoli della serie è d'obbligo.
    The music of game design: parte 1, parte 2 e se volete anche la parte 3 (ma forse merita un articolo a parte).

    La cosa che noto è che schematizzando un gioco in questa architettura ne restano fuori alcuni “dettagli” di ambientazione e di meccaniche. Ma quello che si ottiene è una formalizzazione che ne consente di vedere come si lega il tutto. Una sorta di sguardo d'insieme allo stesso tempo preciso che non si può ottenere leggendo regolamenti e nemmeno giocando.

    A questo punto, voi vi sentite di inventare un gioco seguendo lo schema a tre livelli? lo trovereste stimolante o vi sentireste ingabbiati?
    Ma soprattutto, avete schemi personali che seguite per inventare i vostri giochi? oppure che abete riconosciuto nei giochi che inventate? che ne dite di discuterli?

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    #16009
    CMT
    Partecipante

    Bel grafico.
    Io non riuscirei a schematizzare i miei giochi se non (forse, ed è un grosso forse) a posteriori.
    Diciamo che il mio schema segua la “logica” di: oh, però sarebbe carino un gioco in cui si possa fare questa azione, uhm… e mica si può fare solo quella, che aggiungo, ah sì quest'altro, e visto che c'è forse un pizzico di quello si lega bene… ^__^;

    Cérto

    #16017
    Rugerfred
    Partecipante

    Io son d'accordo con CMT.
    xD

    #16027
    mcuccia
    Partecipante

    insomma siete più istintivi! :-)
    ma che ne pensate di un “metodo” basato su schemi? arricchisce? ingabbia? costringe a giochi di un certo livello o costringe a giochi di un certo tipo?

    #16031
    giudigio
    Partecipante

    quoto CMT.
    E' pure vero che, una volta definito il primo prototipo di gioco, potrebbe essere utile verificarlo con uno schema in grado di scoprire eventuali criticità.
    Insomma uno schema del genere potrebbe essere un valido supporto per controllare la presenza di bugs nel regolamento.
    Del resto, un gioco per funzionare bene ed essere ben bilanciato deve inevitabilmente osservare schemi e regole matematiche che possono sfuggire o comunque non essere così immediate nel metodo empirico del playtest.

    La vita è una cosa seria...per fortuna c'è il gioco! (A. Randolph)

    #16036
    fantavir
    Partecipante

    Mi sembra un diagramma da analista software :)

    Non mi sorprenderebbe se qualcosa del genere venisse utilizzata da autori come Knizia.

    Ciao

    Una trasposizione scadente di una licenza in un gioco ha ottime possibilità di uccidere un potenziale nuovo giocatore, di stroncarne sul nascere l’entusiasmo e la volontà di scoprire se ci sono “altri giochi belli come questo” (A. Chiarvesio)

    #16041
    Khoril
    Moderatore

    Mai utilizzato un diagramma di flusso di questo tipo che identificasse un'architettura precisa, ma ho visto quello di un altro autore per un gioco che di livelli ne aveva tipo sette o otto e infatti il prototipo era un casino.
    Prediligo utilizzare tabelle e sfruttare la potenza di calcolo di excel e farmi dare una mano da qualcuno forte in matematica per il calcolo delle probabilità.

    #16043
    mcuccia
    Partecipante

    @fantavir, ne deduco che non hai mai utilizzato nulla del genere per i tuoi giochi!

    @khoril il diagramma non aiuta affatto per la statistica … cattura un altro tipo di cose!!

    #16047
    Izraphael
    Partecipante

    Uhm, personalmente ragiono in maniera un po' diversa.
    Sicuramente è uno schema utile a posteriori (sia per analizzare un gioco che per migliorarlo e lavorarci) ma non riuscirei a fare una cosa del genere prima, perché avrei la sensazione di fare qualcosa di veramente freddo.

    Per quanto mi riguarda, la prima cosa che mi chiedo è “cosa voglio che il gioco faccia”. Che sensazioni voglio che trasmetta ai giocatori? E' una tenzone intellettiva? Una corsa contro il tempo?
    Solo dopo passo alla scelta delle meccaniche, e quindi inizio a pensare al bilanciamento delle varie parti del gioco (che è la cosa più “schematica” e matematica).

    Comunque, credo che lo scopo di questo schema sia proprio quello di cercare di catturare il “codice” di un gioco. A mio modesto avviso, però, uno schema del genere (per quanto possa evidenziare l'eleganza del sistema o l'incastro bilanciato dei vari elementi) non riuscirà mai a far emergere del tutto alcune cose davvero non trascurabili: il guizzo creativo, il colpo di genio o l'anomalia artistica che danno a un gioco – a maggior ragione un capolavoro come Puerto Rico – la propria identità.

    Marco Valtriani
    Red Glove Edizioni & Distribuzioni
    Lead Designer
    --
    Board Game Designers Italia

    #16053
    zx21
    Partecipante

    Mi sembra che la schematizzazione da te proposta possa essere un vincolo che ti imperdisca in qualche modo di portarti fuori strada.
    Ma nella fase di creazione di un i gioco, almeno per quel che mi riguarda, cerco sempre di tenermi aperto a varianti e meccaniche che possono anche uscire dallo schema (struttura) principale del gioco stesso e che poi rimodello per farle combaciare alle meccaniche principale. La schematizzazione mi sempra più una valida analisi quasi “scientifica” del gioco stesso una volta finito.

    #16060
    Rayden
    Partecipante

    Rispondo con una riflessione un po' laterale, cercando di non andare troppo OT. In caso contrario, spostatemi in un altro thread.

    Ho apprezzato molto questo tentativo di schematizzazione analitica di un gioco, in quanto anche io tento incessantemente di produrne, finora invano. Mi sembra, però, anch'esso fallimentare, perché riesce ad abbracciare pochi giochi (solo gestionali o analoghi, mi pare), e con poca profondità (come diceva Iz: lascia fuori una enorme quantità di dettagli, che poi sono ciò che fa la differenza).
    Questo fallimento, tuttavia, mi ha fatto riflettere sulla questione (già dibattuta in molte sedi, ma ancora “calda”, credo) del rapporto tra gioco e arte. Io credo che questa sia l'ennesima prova del fatto che il gioco sia una forma d'arte: così come le altre, esistono teorie e tecniche (anche sopraffine e molto sofisticate; per capirci, nell'ambito del gioco sono ciò che ha riassunto Iz nel suo libro) che l'artista deve conoscere per poter creare; ma per quanto ci si sforzi, non è possibile schematizzare l'opera d'arte in maniera analitico/scientifica senza epurarla da tutto ciò che la caratterizza, da ciò che la rende affascinante.

    #16079
    mcuccia
    Partecipante

    La schematizzazione mi sempra più una valida analisi quasi “scientifica” del gioco stesso una volta finito.

    Ma una volta che il gioco è finito perché dovrei farne un'analisi? … è finito. Quindi non serve. Prima serve?

    Rispondo a Rayden
    Quello schema non ha la pretesa di rappresentare qualsiasi gioco … l'autore lo dichiara apertamente. Semplicemente rileva che parecchi giochi possono essere rappresentati dallo schema. Quindi sul fatto che sia fallimentare non concordo: dipende da quello che vuole rappresentare.
    Sul fatto che sia incompleto non concordo nemmeno. Lo schema che Compton ha presentato è stato generalizzato per potere “funzionare” su diversi giochi e per quelli funziona. Andrebbe personalizzato per Puerto Rico e personalizzato (in maniera diversa) per Coloni di Catan. In ogni caso certe cose resterebbero fuori, ma lo scopo dello schema non è sostituire la scrittura del regolamento, è (credo) quello di avere la possibilità di analizzare schematicamente la struttura di un certo tipo di giochi: dipende da quello che vuole rappresentare.

    Se vuoi possiamo fare un parallelismo tra l'arte e il game design in cui, per esempio, la tecnica ad olio fornisce gli strumenti all'artista per fare il suo quadro, ma le pennellate sono quello che veramente aggiunge arte ad un “disegnino”. Lo schema di cui stiamo parlando fornisce uno strumento, poi sta al game designer aggiungere le sue “pennellate”.

    Comunque, credo che lo scopo di questo schema sia proprio quello di cercare di catturare il “codice” di un gioco. A mio modesto avviso, però, uno schema del genere (per quanto possa evidenziare l'eleganza del sistema o l'incastro bilanciato dei vari elementi) non riuscirà mai a far emergere del tutto alcune cose davvero non trascurabili: il guizzo creativo, il colpo di genio o l'anomalia artistica che danno a un gioco – a maggior ragione un capolavoro come Puerto Rico – la propria identità.

    Iz, qual'è lo scopo dello schema? sostituire il regolamento? non credo affatto! è come dire che leggere l'elenco delle tonalità di colore usate nella Monna Lisa sia come guardare il quadro.

    Ma la domanda che facevo alla fine dell'articolo è (e resta) uno schema del genere può essere utile in fase di design?

    #16083
    Izraphael
    Partecipante

    Uhm, pensavo di aver già risposto indirettamente, ma ci riprovo :)

    Uno schema del genere può essere utile in fase di design?

    Si, può essere utile, ma non decisivo.
    Qualsiasi gestionale strutturato si basa su uno schema, altrimenti non funziona.
    In questo senso, uno schema che riassuma le interazioni fra le risorse e le azioni ha sicuramente una sua funzione.
    Il fatto è che il gioco non è costituito dalle risorse, ma dalle meccaniche e dalle regole, che hanno sfumature talmente sottili da non poter essere ingabbiate in uno schema così facilmente senza perdere pezzi…
    Una delle genialità di Puerto Rico sta nel fatto che la scelta del personaggio all'inizio del turno costituisce di fatto l'unico motore del gioco. Lo schema equipara di fatto le scelte: per lo schema, scegliere il personaggio o scegliere quale piantagione comprare è all'incirca la stessa cosa.

    Secondo me può essere utile, per decidere dove e quando inserire scelte, o per farsi uno schema sulle interazioni, o per capire se si stanno inserendo passaggi inutili o forzati (portando il gioco da player-driven a game-driven), ma non è decisivo per fare un buon gioco: a fare il gioco saranno le “descrizioni” dei vari passaggi (l'interazione la dà un'asta? un sistema di tiri contrapposti? una risoluzione automatica? lì sono tutti nello stesso punto, ma col cavolo che sono scelte di design equivalenti!), le meccaniche scelte, e le regole.
    Prendi Puerto Rico: fai scegliere i personaggi con un'Asta, cambia gli effetti degli edifici, inserisci una meccanica di fine gioco a turni fissi… stai tenendo lo schema, ma cambiando il resto. In poche parole, proprio il fatto che lo schema si adatti a molti giochi lo rende abbastanza vago da dare una mano non irrinunciabile: rimango dell'idea che a conti fatti sia semplicemente un'analisi ben fatta di uno schema di design più che consolidato.

    Marco Valtriani
    Red Glove Edizioni & Distribuzioni
    Lead Designer
    --
    Board Game Designers Italia

    #16133
    CMT
    Partecipante

    Per me non particolarmente.
    Gli schemi li uso (e pure tanti) quando programmo, perché lì devo tenere d'occhio il flusso di quello che sto facendo e assicurarmi di non saltare qualche passaggio, ma il gameplay non sento proprio la necessità (o in effetti l'utilità) di schematizzarlo.

    Cérto

    #16134
    PaoLo
    Partecipante

    Apprezzo lo schema, ma credo di non avere mai fatto un qualcosa di simile, a livello così astratto, in fase di game design. Piuttosto me ne sono servito a volte per riassumere mentalmente il flusso di gioco, per caprire se c'erano dei punti del diagramma che mi sembravano 'deboli' o 'sbilanciati'. Ma non credo davvero possa essere una partenza per un gioco.

    "E' grazie a questi sodi principii che di continuo riesco a regalarmi alla fantasia invisibili pagine meravigliose che scritte sarebbero sciupate."
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