Scrivo qualche riga (grazie per l’opportunità) su un argomento tabù per alcuni, che suscita resistenza e addirittura emozioni negative per altri: l’autoproduzione. Autoproduzione di giochi da tavolo, naturalmente.
Da dove vengo (il teatro, in gran parte di strada), autoprodursi uno spettacolo è la normalità. Nel mondo della musica essere “indie” fa addirittura figo. Perché nella comunità di Idg l’autoproduzione viene vista come “il male”?
Ok ok, resto sul topic e non mi infilo in discorsi antropologici, era solo per rompere il ghiaccio.
Adesso si parte. Per capitoli, così è più facile (più facile per me da scrivere, intendo).
Le considerazioni che vorrei condividere sono tante, partiamo con le prime. Svilupperemo le altre in una seconda e terza pubblicazione.
Dunque dunque, questo post nasce da quello recente sui giochi Tiger in cui, parlando di plagi si è arrivati a Dobble, che è reputato essere dai più un plagio di Kunterbunt (di Reinhard Staupe); cosa su cui non concordo. Sollecitato da Roberta e tanti altri esplicito qui le mie considerazioni.
Che si tratti di una “call to action” alla fine di una pubblicità, di un cameriere “tiradentro” fuori da un ristorante, di una notifica sul cellulare, di carte promo per un gioco… siamo sempre bombardati da spinte ad avere la nostra attenzione ed eseguire un certo comportamento.
Ci sono innumerevoli spinte anche all’interno di una partita: qualsiasi azione obbligatoria rientra nella categoria. State sempre attenti che l’abilità richiesta sia congrua con la motivazione del giocatore, o genererete frustrazione. E’ difficile mettere qualcosa di complesso in un gioco generalmente semplice, e se necessario andrà sempre spezzata in “baby steps”.
Con abilità, ci riferiamo quanto sia facile eseguire quanto richiesto. Il primo passo fondamentale è che si tratti di una sfida appropriata al proprio pubblico: qualcosa di troppo facile sarà noioso, qualcosa di troppo difficile sarà stressante e darà ansia. Il gioco ideale ha uno spettro il più ampio possibile: Insalata di Punti si può giocare senza sforzo, ma può essere molto sfidante se proverete a memorizzare le carte uscite e le ultime scelte dei vicini.
In ogni caso, semplificare quanto richiesto è il metodo migliore per incoraggiare l’utente (o il giocatore). Fogg riconosce 6 modi per semplificare un processo: tempo, cicli cerebrali, devianza sociale, sforzo fisico, non-routine e denaro.
L’argomento di cui vorrei parlarvi è la persuasione applicata ai giochi da tavolo. Esiste una scienza giovane, Behavioural Design (design comportamentale) che studia come influenzare i comportamenti delle persone. Ha già molte applicazioni nei videogiochi e nella “gamification” delle app in generale – con lo scopo di persuadere l’utente a tornare a giocare, a spendere soldi e in generale di aver avuto un’esperienza talmente bella da volerla ripetere. Da ciò, ogni tecnica può essere manipolativa e potenzialmente creare dipendenza.