Qualche settimana fa abbiamo ricevuto la notifica di un bando indetto da Librerie Feltrinelli che ha sollevato curiosità e dubbi.
Potete trovare il bando qui e altre informazioni a questo link. Cogliamo però l’occasione per fare qualche altra domanda allo staff laFeltrinelli e conoscere meglio il progetto e le sue finalità.
Era un mercoledì qualunque. Stavo addentando un panino che sognavo circa dalle 10.19, ora in cui il mio stomaco generalmente prende atto che la seconda colazione è ormai finita e dobbiamo tirare fino a pranzo.
Seduta al tavolino del mio bar preferito, sfogliavo le pagine del libro “Da cosa nasce cosa”, splendida opera di Bruno Munari edita nel 1981 (non esattamente l’altro ieri). In questo libro Munari affronta con una leggerezza impareggiabile il grande tema della progettualità, dote che pare essere (ben) nascosta dentro ognuno di noi. Solo attraverso un processo metodologico chiaro e ben definito, il nostro estro creativo sarà in grado di trovare la strada giusta verso la progettualità, di qualsiasi natura essa sia.
Ok – penso – vediamo cosa riesco a tirarne fuori per l’approccio al game design.
Quinto ed ultimo appuntamento su questo lungo articolo a puntate sull’Autoproduzione. Chiudiamo con alcune RIFLESSIONI SPARSE, che sono assolutamente personali, in risposta alle domande che mi avete fatto. Quindi valgono tantissimo, o pochissimo, contemporaneamente.
Però bisogna che leggiate, bene, tutto quello che c’è stato prima, nell’ordine giusto
Eccoci qua, dopo aver toccato tanti temi “preliminari” a questa pazza avventura che è l’Autoproduzione, chiudiamo con la nozione CHIAVE (l’abbiamo già definita così, in maiuscolo) del successo di ogni Autoproduzione.
Rileggete tutto d’un fiato quello che si è scritto finora, ed enjoy questo (lungo) finale.
Scrivo qualche riga (grazie per l’opportunità) su un argomento tabù per alcuni, che suscita resistenza e addirittura emozioni negative per altri: l’autoproduzione. Autoproduzione di giochi da tavolo, naturalmente.
Da dove vengo (il teatro, in gran parte di strada), autoprodursi uno spettacolo è la normalità. Nel mondo della musica essere “indie” fa addirittura figo. Perché nella comunità di Idg l’autoproduzione viene vista come “il male”?
Ok ok, resto sul topic e non mi infilo in discorsi antropologici, era solo per rompere il ghiaccio.
Adesso si parte. Per capitoli, così è più facile (più facile per me da scrivere, intendo).
Le considerazioni che vorrei condividere sono tante, partiamo con le prime. Svilupperemo le altre in una seconda e terza pubblicazione.